All’esito di un iter legislativo durato quasi un anno, la riformulazione definitiva degli articoli 2621 e 2622 del codice civile risulta in diversi punti differente rispetto a quella inizialmente prospettata dal Legislatore.
Nel corso di tale iter, Confindustria si è confrontata con i diversi interlocutori istituzionali coinvolti nella riscrittura della disciplina del falso in bilancio, con l’obiettivo di evitare una riforma poco equilibrata e orientata a una generalizzata criminalizzazione delle imprese.
In questa direzione, dapprima è stata evidenziata l’importanza di conservare le soglie di esenzione dalla punibilità che consentono di portare avanti un’azione repressiva efficace e, al contempo, di evitare il ricorso sproporzionato alla sanzione penale.
In seguito, di fronte alla ferma volontà del Governo di eliminare tali soglie, Confindustria ha continuato a perseguire l’obiettivo sopra richiamato evidenziando l’importanza di osservare i principi dell’ordinamento penale nella nuova definizione del falso in bilancio, secondo le seguenti linee direttrici. Da un lato, rafforzare la tassatività della fattispecie, per rendere chiara alle imprese la distinzione tra le condotte che integrano il falso in bilancio e quelle legittime e, quindi, ridurre al minimo i margini di discrezionalità del magistrato; dall’altro, assicurare la necessaria offensività alla condotta e rendere applicabile il rimedio penale soltanto laddove necessario, fermi restando i rimedi previsti in sede civile per la tutela dei beni giuridici protetti.
In merito alla rilevanza delle valutazioni di bilancio ai fini della configurazione del reato, la Circolare ripercorre le principali pronunce della Corte di Cassazione al riguardo, fino alla sentenza più recente che ha ulteriormente precisato i limiti della rilevanza penale del c.d. falso valutativo, delineati dalle Sezioni Unite alcuni mesi prima.