Contatti          Sedi
Bacheca    |   Login
 
Condividi Aggiungi ai preferiti Stampa Pdf

Interviste ed Editoriali - 25/04/2022

Caro-bolletta sos, un’azienda su dieci del Lazio è costretta a chiudere". Intervista al Presidente del Comitato Piccola Industria di Unindustria Fausto Bianchi su First Online

Bianchi: "Se un’impresa su dieci rischia di chiudere, occorre mettere un tetto al prezzo di gas ed energia elettrica evitando i fenomeni speculativi che distorcono il mercato"

Il caro-energia, oltre alle conseguenze della guerra Russia-Ucraina, al rincaro delle materie prime e alla coda della pandemia, stanno colpendo duramente le imprese e in particolare quelle piccole e piccolissime. Per questo è ora di agire, cominciando a “mettere un tetto ai prezzi del gas e dell’energia elettrica ed evitando i fenomeni speculativi che distorcono il mercato”. E’ quanto sostiene, in questa intervista a FIRSTonline, Fausto Bianchi, Presidente del Comitato Piccola Industria di Unindustria Lazio, una regione nella quale il 99,9% delle imprese è rappresentato da piccole aziende ed è perciò un campione molto significativo. Sentiamo il suo punto di vista.

 

Presidente Bianchi, nei giorni scorsi il Presidente di Confindustria Bonomi ha lanciato l’allarme sulla tempesta perfetta che sta colpendo l’economia italiana tra guerra, caro energia, mancanza di materie prime, effetti post-pandemici e ha ricordato che il 46% delle imprese rischia addirittura di chiudere a giugno. Il Lazio, con le sue 460 mila Pmi (pari al 99,9% delle aziende di tutta la Regione) è uno specchio significativo dell’economia italiana: qual è oggi il reale stato di salute delle Pmi del Lazio e per quante c’è davvero il rischio di chiusura a breve?

Se sino ad oggi pensavamo che il Covid-19 avesse determinato una crisi senza precedenti per la nostra economia, non solo in termini di entità, ma anche per la sua natura particolarmente asimmetrica, l’aggiungersi del conflitto russo-ucraino sta impattando sulle nostre piccole e medie imprese in maniera ancor più profonda e con profili di incertezza sul breve periodo assai maggiori. Abbiamo osservato quanto l’emergenza sanitaria abbia avuto conseguenze fortemente diversificate, colpendo in misura particolare i settori più colpiti dai lockdown ed esposti alle misure di contenimento come, ad esempio, il turismo, i trasporti, il sistema moda, ed incidendo in misura meno significativa o addirittura stimolando positivamente altri comparti quali la filiera farmaceutica, il commercio online, l’industria agroalimentare. Questa dinamica ha avuto un suo riflesso, in termini di impatto sul territorio, soprattutto in base alla specializzazione produttiva locale: gli impatti sono stati più forti nelle regioni in cui i settori più esposti alle misure di contenimento (la filiera turistica, trasporti, il sistema moda, audiovisivo) pesano maggiormente, come evidentemente nella nostra regione. Oggi, l’intensità dell’impatto sui settori della guerra in Ucraina dipende in maniera significativa sia dalla durata del conflitto, sia dalle controreazioni russe alle sanzioni fin qui imposte. Da subito abbiamo visto gli effetti devastanti dell’incremento di costi e la riduzione dei margini derivati dagli elevati prezzi dell’energia. Sicuramente i settori energivori, cioè quelli che consumano grandi quantità di energia, sono i più esposti all’andamento dei prezzi: pensiamo all’industria ceramica, eccellenza del distretto di Civita Castellana (VT), oppure le cartiere, i cementifici, il settore chimico. Già alla fine del 2021 le aziende di questi settori avevano ricevuto bollette molto più alte rispetto ai mesi precedenti e avevano chiesto al governo un sostegno economico. Ma la situazione è peggiorata dopo l’invasione russa in Ucraina non tanto per l’atteso aumento dei prezzi, quanto per la loro volatilità. La prima mossa di molte aziende è stata limitare la produzione allo stretto necessario, rallentare nei reparti che consumano più energia, chiedere ai dipendenti di lavorare anche nel weekend, quando l’energia costa meno. Quando non è possibile fare tutto questo, le aziende sono state costrette a chiudere temporaneamente intere linee e chiedere la cassa integrazione. Nel Lazio un’azienda su dieci rischia di fermarsi a causa del caro bolletta. Ma anche per chi non è energivoro, e si trova in continuo affanno per il reperimento delle materie prime e dei loro costi, la situazione non è certo migliore. Il rischio di chiusura è alto se non si prendono decisioni coraggiose e di concreto sostegno al mondo imprenditoriale.

 

Per leggere il testo integrale dell'intervista, clicca qui su: First Online

 

Per informazioni
Tel. 0684499289
elisabetta.detommaso@un-industria.it
×

Elisabetta de Tommaso




Roma

Telefono: 0684499289
Mail: elisabetta.detommaso@un-industria.it

Temi: media relations,press,stampa,rassegna,interviste,comunicati,


Unindustria favorisce lo sviluppo
delle imprese del territorio di Roma,
Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo

Codice Fiscale 80076770587 - Fax +39 06 8542577 - PEC info@pec.un-industria.it

Do not follow or index