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News - 14/12/2012

L’assegnazione non proporzionale di azioni ai dipendenti è tassabile come fringe benefit

Risoluzione n. 130/E/2012 dell'Agenzia delle Entrate

L’ Agenzia delle Entrate, a seguito di un interpello formulato da una società per azioni, appartenente ad un gruppo societario, il cui capitale sociale risulta composto in tre categorie di azioni, esamina il trattamento fiscale da riservare ai componenti di reddito risultanti dall’assegnazione di titoli azionari a lavoratori dipendenti in misura eccedente rispetto all’importo del conferimento. Il maggior valore delle azioni, precisa l’Agenzia, rappresenta un compenso in natura tassabile ai sensi dell’art. 51, comma 3, TUIR.

La richiesta rivolta dalla società in questione all’Agenzia riguardava delucidazioni circa il comportamento fiscale da tenere qualora, come da intenzioni, i soci intendessero consentire l’ingresso nel capitale sociale a taluni amministratori, tra i quali anche alcuni dipendenti di altre società del gruppo (definiti nell’istanza “managers”).
Ritenendo che la modalità più appropriata per attuare la suddetta operazione fosse rappresentata dall’effettuazione di un conferimento non proporzionale da parte degli amministratori “entranti”- la società si interrogava su quali fossero le conseguenze sul piano fiscale dell’assegnazione ai nuovi soci “managers” di azioni in misura superiore rispetto ai conferimenti in denaro effettuati, compensando ciò con l’attribuzione agli attuali soci di un numero di azioni inferiore rispetto al valore del conferimento in denaro.
Le questioni prospettate dinnanzi all’Agenzia si riferivano, più in dettaglio:
alla circostanza che le azioni assegnate agli amministratori in misura eccedente rispetto all’importo del conferimento potessero configurare, ai fini delle imposte sui redditi, l’attribuzione di un reddito di lavoro dipendente o assimilato, in favore dei predetti soggetti.
Alla richiesta di un chiarimento in ordine alla qualificazione degli utili eventualmente conseguiti dal dipendente nelle vesti di azionista della società nella quale presta lavoro.
L’eccedenza di azioni, secondo la società istante, non avrebbe dovuto costituire un reddito di lavoro dipendente o assimilato, giustificandosi tale assegnazione non proporzionale “esclusivamente sulla base del rapporto sociale intercorrente fra gli azionisti conferenti e la società conferitaria, non risultando in alcun modo connessa con le prestazioni rese dai managers in relazione al rapporto di lavoro dipendente o all’ufficio di amministratore”.
Contrariamente a quanto sostenuto dal contribuente, in risposta l’Agenzia delle Entrate afferma che, tali componenti, ai sensi della normativa vigente devono necessariamente essere ricondotti nell’ambito dei fringe benefits e, come tali, assoggettati a tassazione in qualità di redditi di lavoro dipendente. Ciò “in ragione del principio di omnicomprensività, secondo cui tutte le somme e i valori che il dipendente riceve, anche da terzi, in relazione al rapporto di lavoro, sono reddito di lavoro dipendente”, principio certamente applicabile anche ai soggetti che percepiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, quali gli amministratori di società.
In ordine al quantum da assoggettare a tassazione, prosegue il documento di prassi, occorre fare riferimento all’art. 51, comma 3, del TUIR, che individua nel “valore normale” (ex art. 9, comma 4, TUIR) il criterio generale da utilizzare per valutare i compensi in natura.
L’Agenzia ricorda inoltre che l’art. 51, comma 2, lettera g)del TUIR, esclude dal reddito di lavoro dipendente, al rispetto di determinate condizioni, il valore delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti per un importo non superiore complessivamente a 2.065,83 euro.
Per quanto riguarda la questione relativa alla corretta qualificazione degli utili conseguiti dal dipendente nelle vesti di azionista della società nella quale presta lavoro, l’Agenzia appoggia la tesi prospettata dal contribuente e richiama l’art. 44, comma 1, lettera e), TUIR. La norma in questione, infatti, qualifica come redditi di capitale gli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti ad IRES, non limitando il suo ambito di applicazione in ragione della qualifica soggettiva rivestita dal soggetto percettore.
 

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