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Documento - 29/04/2013

Il sistema produttivo culturale nella provincia di Roma - Follow up: scarica la ricerca completa

Lo studio analizza in dettaglio la ricchezza di 9,5 miliardi di euro che il sistema ha prodotto nel 2011, occupando oltre 141.000 addetti


 
“Fotografare il sistema produttivo culturale nella provincia di Roma dall’angolazione delle imprese”: questo l’intento con cui CAMCOM ha realizzato lo studio di settore, promosso dalla CCIAA di Roma, presentato lo scorso 19 aprile presso la CNA di Roma.
L’incontro ha fornito un’istantanea sullo stato di salute di un sistema - quello appunto dell’industria culturale romana - che sembra avere tutte le carte in regola per rilanciare l’economia e lo sviluppo del territorio in virtù della sua natura anticiclica e fortemente legata al territorio di Roma e provincia”.
Presenti le principali associazioni di rappresentanza del settore tra cui i relatori Lorenzo Tagliavanti, vicepresidente della CCIAA di Roma, Alessandro Rinaldi, ricercatore CAMCOM, Giuseppe Viggiano, presidente CNA Cultura e Spettacolo, Massimo Monaci, presidente AGIS Lazio e Giorgio Ferrero, presidente ANEC Lazio.
L’approccio e i risultati della ricerca - disponibile in allegato - sono stati introdotti da Alessandro Rinaldi:
“La metodologia adottata prova a illustrare questo mondo di difficile valorizzazione, in termini sia economici che di sviluppo e prospettive, come se si guardasse a un’ azienda. Scopriamo così che nel 2011 il sistema - che conta di 42.739 imprese (il 9.5% del totale dell'economia provinciale - 7.3% a livello nazionale) - ha prodotto una ricchezza di 9,5 miliardi di euro e dato lavoro a 141mila addetti. Negli ultimi 4 anni, ha subito una flessione della ricchezza prodotta del 3.5% ed un calo dell’occupazione a un ritmo medio annuo del 3.8%, producendo una perdita complessiva - tra il 2007 e il 2011 - di poco più di 23mila occupati.
Dall’ analisi capiamo che manca nel nostro paese, ed in particolare nel territorio oggetto di studio, una piena consapevolezza del potenziale produttivo del settore culturale, che ancora non si traduce in un nuovo modello di sviluppo a base culturale socialmente ed economicamente efficace. Dovremmo considerare maggiormente il forte potenziale anti-ciclico e portare la cultura al centro delle strategie di politica economica, perché questo settore oggi può generare forti interdipendenze tra ambiti diversi ed è in grado di ridare un impulso significativo alla competitività e all’occupazione. In un contesto di congiuntura negativa come quello attuale l’impatto occupazionale su Roma mostra una buona tenuta: ma ciò che è forse più importante è sottolineare che investire oggi un euro in questo sistema vuol dire attivarne 1.6 fuori: siamo dinanzi a un possibile asset di crescita che può svilupparsi attraverso il rafforzamento delle reti pubblico-privato, la ricostruzione dell’identità del sistema produttivo culturale, l'aumento della permeabilità dei saperi delle industrie culturali - tra loro e con l’esterno - e la valorizzazione nel settore del ruolo del no profit e della nuova imprenditoria giovanile, che si caratterizza sempre più per l’innovazione: sono molti i giovani che stanno muovendo i loro interessi verso questo settore.


Una nuova consapevolezza dell'importanza del settore e del ruolo di imprenditori e operatori del settore
Giuseppe Viggiano, presidente di CNA Cultura e Spettacolo, parla di numeri sottostimati in confronto al reale dimensionamento del settore del no profit. “Chiediamo nuove politiche culturali: manca ad esempio una legge nazionale sullo spettacolo dal vivo che noi associazioni chiediamo fortemente. Ho scoperto con stupore che tutti diamo importanza al valore del FUS, ma sul totale delle risorse a disposizione il Ministero gestisce in realtà molto poco se è vero che il 64 % delle risorse è a carico delle Regioni, il 12 % ai Comuni e solo il restante al Ministero (tranne un 3% alle Province e un 3% all’UE). Bisogna porre fine a questo cattivo utilizzo dei fondi pubblici, problema ancora primario rispetto all’eccedenza in Italia dei luoghi riconosciuti “di spettacolo”, arrivati addirittura a 43.000. Quello che chiediamo è strategia: abbiamo bisogno di nuove politiche culturali capaci di fronteggiare i dati allarmanti che provengono dalle statistiche che descrivono il nostro paese come un posto in cui si leggono sempre meno libri e si va sempre meno spesso a teatro. Se non avremo presto il supporto dalla politica, il nostro paese non andrà avanti in questo settore”.


"Roma deve ripensarsi"

Lorenzo Tagliavanti, vicepresidente della Camera di Commercio di Roma, parla chiaramente di un ripensamento del modello di sviluppo della città: “Finanza pubblica, edilizia e consumo delle famiglie, i tre principali asset di sviluppo della città, stanno attraversando una profonda crisi. Roma deve ripensarsi: di cosa sarà fatta la nostra ricchezza nei prossimi dieci anni? Cosa prevediamo per i nostri figli? E' chiaro che in questo contesto l'industria culturale ha un ruolo chiave nel rilancio dell'economia del territorio, basta pensare che le iniziative del settore attivano, ad esempio, tutto il comparto del Turismo”.



“Investiamo troppo poco in cultura”

Il Presidente dell'AGIS Massimo Monaci: "Lo studio mostra la vitalità reale e soprattutto potenziale di questo sistema, che paradossalmente non è al centro del futuro del nostro territorio: è impensabile che specie su Roma non ci sia un passaggio chiave sull'industria culturale. La questione deve entrare tra i primi posti nell'agenda di discussione, ad esempio, con i prossimi candidati sindaci. Se in passato abbiamo commesso l’errore di non presentare il nostro come un settore unito, mancando l’occasione di mostrarne il reale valore, oggi siamo qui tutti insieme per ribadire che bisogna darsi da fare e che non possiamo perdere più terreno nei confronti di altre realtà emergenti: Roma è al 18esimo posto nella classifica delle città più visitate nel mondo. Le prime tre (Singapore, Honk Kong, Kuala Lumpur) hanno investito non solo in casinò, ma anche in cultura. I nostri turisti si fermano qui per 2/3 gg al massimo e non tornano, mentre da altre parti tornano spesso proprio per assistere ad eventi culturali: pensiamo a Londra, o a Parigi. Il nostro paese investe troppo poco in cultura ed istruzione".

 

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