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Documento - 01/12/2020

Centro Studi Confindustria - Innovazione e resilienza: i percorsi dell'industria italiana nel mondo che cambia

Scenari industriali novembre 2020

La manifattura mondiale è stata colpita dallo shock della pandemia dopo aver registrato il tasso di espansione dell’attività industriale più basso dell’ultimo decennio. Secondo le attese, nessuna tra le principali aree industrializzate del pianeta sarà in grado di evitare nel 2020 una forte contrazione del valore aggiunto, ad eccezione della Cina, che registrerà una moderata espansione.

In questo scenario ancora in piena evoluzione appare difficile prevedere con quali tempi si tornerà ai livelli di produzione manifatturiera pre-crisi e, soprattutto, in che misura cambieranno i rapporti di forza tra le diverse economie industriali una volta cessata l’emergenza sanitaria.

Nel 2019 non si osservano cambiamenti significativi nella posizione relativa occupata dai principali produttori manifatturieri. Ormai da quattro anni le posizioni in classifica dei primi nove produttori mondiali appaiono cristallizzate. L’Italia compare stabilmente al settimo posto, con una quota sul totale mondiale del 2,2%, davanti alla Francia (1,9%) e al Regno Unito (1,8%).

Nel 2020 gli scambi mondiali sono crollati. La crisi ha determinato una drastica caduta anche degli investimenti diretti esteri globali; questi ultimi tuttavia, a differenza del commercio mondiale, non torneranno su un sentiero di crescita prima del 2022. L’impatto non sarà uguale per tutte le economie: i paesi in via di sviluppo subiranno verosimilmente una contrazione più pronunciata rispetto a quelli sviluppati a causa della rimodulazione delle catene di fornitura e del fatto che alcune industrie come quelle estrattive risulteranno più colpite di altre.

La manifattura si trova ora ad affrontare la prova della sfida ambientale. La parola chiave è decoupling, ossia rendere il progresso economico e sociale quanto più possibile neutrale dal punto dell’impatto prodotto sull’ambiente. Per realizzare questo obiettivo finale è necessario aumentare l’efficienza nell’utilizzo delle risorse, ridurre (e in prospettiva azzerare) i gas serra prodotti dal consumo di energia, transitare da un modello lineare di utilizzo delle risorse a un modello circolare.

Serve un forte coinvolgimento dell’industria, sia dal lato dell’offerta (sviluppo di capacità tecnologiche green, eco-progettazione) che dal lato della domanda (utilizzo di prodotti e tecnologie green, implementazione di modelli circolari di gestione delle risorse all’interno del processo produttivo). Un contributo fondamentale deriva dal contestuale sviluppo e dall’adozione su larga scala delle tecnologie digitali avanzate (le c.d. tecnologie 4.0).

Esiste un enorme divario di intensità nelle emissioni tra i sistemi manifatturieri nazionali, a partire da quelle direttamente prodotte dai processi industriali. Secondo le stime del Centro Studi Confindustria tra i primi dieci sistemi manifatturieri con il minor impatto ambientale ben nove sono europei, e tra questi spiccano le performance di Italia e Germania. Tutte le potenze manifatturiere emergenti, da cui oggi dipende una quota significativa della produzione industriale globale, presentano intensità delle emissioni estremamente più elevate (fino a otto volte superiori a quelli di Italia e Germania).

Sebbene l’Italia possa contare su un vantaggio strategico da first mover rispetto a molti dei suoi partner internazionali, fino ad oggi ha mostrato un’oggettiva difficoltà ad intercettare la sfida ambientale dal lato dello sviluppo endogeno di tecnologie green. È indispensabile a questo riguardo colmare la distanza che ancora oggi divide l’ecosistema della ricerca pubblica da quello dell’innovazione industriale, con politiche di co-generazione della conoscenza tra mondo delle università e delle imprese che abbiano obiettivi chiari e misurabili e prevedano una governance integrata tra tutti i soggetti coinvolti.

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