La nostra Associata Flessobags, nata a Viterbo bel 1976, realizzava inizialmente buste e altro materiale di plastica. Poi, nel 1992, i tre titolari hanno deciso di puntare sulla transizione ecologica e oggi l'azienda è un’eccellenza italiana nella produzione di sacchetti biodegradabili. Dopo aver preso parte al progetto della nostra Vetrina della Sostenibilità con "Le Imprese del Lazio alla sfida della Transizione Verde", oggi ne parla anche La Repubblica.
Si chiama Flessobags e ha sede a Viterbo la società leader nella produzione di sacchetti in bioplastica compostabili. L’uso di bioplastiche è determinante per ridurre l’inquinamento. Prendiamo ad esempio le buste di plastica della spesa: sono altamente contaminanti. Ma l’uso di bioplastiche risolve questo problema e nel Lazio un “positive case” è la Flessobags, azienda di Viterbo all’avanguardia nella produzione di shoppers in plastica biodegradabile e compostabile.
L'azienda
Nata a Viterbo nel 1976 per iniziativa di tre imprenditori, il suo primo nome era Viterbags e realizzava buste in plastica. Nel 1992 diventa Flessobags e i titolari, tra cui il direttore generale Massimiliano Rondini, puntano in modo deciso sulla transizione ecologica e sull’economia green: oggi la società è un’eccellenza nazionale nella produzione di buste e shopper per alimenti e farmacie completamente biodegradabili e compostabili; tra i loro prodotti ci sono anche le pellicole usate per incartate i salumi, il pesce o la carne. Tutto materiale che fino a pochi anni fa poteva essere altamente inquinante se fatto in plastica tradizionale. Le shopper di Flessobags sono un esempio di riuso e di economia circolare.
Il processo produttivo
Il processo produttivo è semplice. Si parte dalla materia prima: un granulo, formato da piccolissimi granelli di bioplastica che vengono fusi fra loro grazie a uno speciale macchinario che realizza il processo di polimerizzazione e lega migliaia di granuli fra loro fino a formare una pellicola trasparente. Il processo viene ripetuto migliaia di volte fino a realizzare un tubo di pellicole che sarà poi stampato e tagliato in fogli trasparenti pronti per incartare alimenti o per ricavarne buste e shopper. Il punto di partenza è quello più importante: il granello usato per realizzare la pellicola è ricavato da amido di mais. Una volta che shopper e pellicole vengono buttate nella raccolta dell’umido, sono riutilizzate per fare compost e rifiuti organici pronti per esser riusati. «Dal prossimo anno misureremo l’impronta di carbonio per tracciare l’impatto sull’ambiente - spiega Massimiliano Rondini - il prodotto non solo deve derivare da fonti rinnovabili, ma a fine vita tutti i suoi elementi devono essere riciclabili».