La Confederazione Elvetica non è l'unico paese Europeo con cui la Cina ha negoziato un accordo di libero scambio. Sono stati conclusi accordi anche con l'Islanda e la Norvegia.
L'entrata in vigore di questo accordo non significherà tuttavia che la Svizzera potrà esportare vestiti e prodotti tessili con materiale avente origine in Cina senza dazi in UE. Le disposizioni sulla denominazione di origine dell'accordo di libero scambio tra UE e Svizzera (e di tutta l'area Euromediterranea) contiene la regola della doppia trasformazione. Questa regola deve essere applicata dalle esportazioni per godere delle preferenze degli accordi di libero scambio tra UE e Svizzera. Si applica indipendentemente da qualsiasi accordo la Svizzera possa avere con la Cina o qualunque altro paese terzo.
Anche se la Svizzera e l'UE sono in una zona di libero scambio e di cumulazione PanEuromediterranea, non siamo in un'unione doganale. Pertanto i beni importati dalla Svizzera in EU devono essere dichiarati alla dogana. Se, durante un'importazione, è richiesto un dazio zero, deve essere presentata una valida prova dell'origine (Eur.1) per il bene che dovrebbe beneficiare del trattamento preferenziale in base all'accordo UE-Svizzera. Se c'è un contenuto cinese nei beni, non deve superare la soglia autorizzata per i materiali non-originali.
Per assicurare il rafforzamento dell'Accordo di libero scambio UE-Svizzera e il codice doganale Europeo, le autorità doganali dell'UE sono strettamente coinvolte nelle operazioni di sorveglianza del mercato, per controllare che i beni che entrano in UE, compresi quelli dalla Svizzera, siano in linea con i requisiti della Regola d'Origine.
Quando si parla di marchio di origine, ricordo le recenti iniziative della Commissione per proporre un'indicazione di origine obbligatoria per i prodotti al consumo non-alimentari. Seguirò con attenzione i progressi di questo dibattito nel Parlamento Europeo e in Consiglio.