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News - 28/05/2021

Lavoro - Nota di commento al DL Sostegni-bis in materia di lavoro

Le principali novità in materia di lavoro ed education.

Il decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 reca misure urgenti per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali (di seguito, Decreto Sostegni-bis o DL). Ha l’obiettivo di contenere gli effetti, sul sistema economico, dalla crisi pandemica e contiene interventi per circa 40 miliardi, tra cui 17 per indennizzi a imprese e professioni, 9 alle imprese per la liquidità e l’accesso al credito, 4 per i lavoratori e le fasce in difficoltà.

 

Le principali misure seguono quattro direttrici: ristori; sostegno alla liquidità e accesso al credito; lavoro; salute e ricerca.

 

Di seguito le principali novità in materia di lavoro ed education.

Il DL estende l’operatività della disciplina del contratto di espansione anche alle imprese con 100 unità lavorative, nella direzione auspicata da Confindustria e aumenta il finanziamento delle risorse destinate alla misura dell’accompagnamento a pensione relativamente all’anno 2024. La misura risulta positiva e va nella direzione proposta da Confindustria diretta a valorizzare lo strumento e ad estenderlo anche a realtà aziendali più piccole rispetto al passato. Ora si tratterà di adoperarsi affinché questo strumento possa essere ulteriormente potenziato per accompagnare anche le transizioni occupazionali conseguenti alla attuazione del PNRR.

Inoltre, si introducono nuove disposizioni in tema di trattamenti di integrazione salariale. In particolare, si prevede che i datori di lavoro privati destinatari della normativa in materia di cassa integrazione guadagni ordinaria che, nel primo semestre del 2021, hanno subito un calo del fatturato del 50% rispetto al primo semestre del 2019, possono presentare, previa stipula di accordi collettivi aziendali di riduzione dell’attività lavorativa dei lavoratori in forza finalizzati al mantenimento dei livelli occupazionali nella fase di ripresa dopo l’emergenza epidemiologica, domanda di CIGS in deroga alle disposizioni di cui agli articoli 4 e 21 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 per una durata massima di 26 settimane nel periodo tra la data di entrata in vigore del decreto in esame e il 31 dicembre 2021. La riduzione media oraria non può essere superiore all’80% dell’orario dei lavoratori interessati dall’accordo.

 

Ai lavoratori impiegati a orario ridotto riconosciuto un trattamento speciale di integrazione salariale, in misura pari al 70% della retribuzione globale che sarebbe loro spettata per le ore di lavoro non prestate, senza l’applicazione dei limiti di importo previsti dall’articolo 3, comma 5 del decreto legislativo 4 settembre 2015, n. 148, e la relativa contribuzione figurativa.

 

I nuovi trattamenti di integrazione salariale sono concessi nel limite massimo di spesa pari a 557,8 milioni di euro per l'anno 2021 e per gli stessi non è dovuto dal datore di lavoro alcun contributo addizionale.

Il DL introduce importanti novità sulla cassa integrazione guadagni, sul contributo addizionale e sul divieto di licenziamento, che avranno effetto dal 1° luglio 2021.

I datori di lavoro destinatari della normativa in materia di cassa integrazione guadagni ordinaria Covid-19 (art. 8, co. 1, DL. 41/2021, in sostanza, industria e edilizia) che, dal 1° luglio, presentano domanda di integrazione salariale ordinaria o straordinaria non sono tenuti al versamento del contributo addizionale previsto dalla legge in caso di utilizzo di CIGO o CIGS (9%,12%,15% della retribuzione persa). La previsione è positiva in quanto riconosce ai settori destinatari della misura la possibilità di un utilizzo meno oneroso della cassa integrazione guadagni, ma porta con sé il vincolo descritto di seguito.

 

In particolare, a tali datori di lavoro (destinatari della normativa CIGO Covid-19, sopra indicati), che dal 1° luglio presentano domanda di integrazione salariale ordinaria o straordinaria, resta precluso l'avvio delle procedure di licenziamento collettivo (artt. 4, 5 e 24, l. n. 223/1991) per la sola durata del trattamento di integrazione salariale che fosse fruito entro il 31 dicembre 2021 e, per lo stesso periodo, restano sospese le procedure pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell'appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto.

 

Per lo stesso periodo e indipendentemente dal numero dei dipendenti, resta preclusa la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ex art. 3, l. n. 604/1966 e restano sospese le procedure in corso di cui all'art. 7 della medesima legge.

Pertanto, in via generale, dal 1° luglio per le imprese appartenenti ad alcuni settori - fra i quali in sostanza quello industriale e quello edile - termina il divieto di licenziamento. Tale divieto permane unicamente qualora le citate imprese decidano di utilizzare la cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria e solo limitatamente alla durata del trattamento di integrazione salariale fruito entro il 31 dicembre 2021. Il divieto di effettuare licenziamenti - sulla cui legittimità costituzionale sono state sollevate diverse riserve - era stato “giustificato” dal Governo con la presunta “totale gratuità” della cassa COVID, ancorché, in sostanza, ciò non fosse vero poiché, durante tutto il periodo di divieto, non sono mai state sospese le contribuzioni ordinarie alla gestione prestazioni temporanee (GPT) dell’INPS.

 

Questa disposizione costituisce un pericoloso precedente, poiché si introduce il blocco dei licenziamenti “semplicemente” disponendo la sospensione del versamento del contributo addizionale dovuto per la cassa integrazione. Per coerenza, si sarebbe quantomeno dovuto sospendere anche l’obbligo di versamento della contribuzione ordinaria dovuta per la cassa integrazione dalle imprese soggette a questa ulteriore limitazione.

 

Il DL introduce poi una nuova fattispecie, eccezionale e temporanea, di contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, il c.d. contratto di rioccupazione, diretto a incentivare l’inserimento nel mercato del lavoro, nella fase della ripresa post-pandemica, dei lavoratori in stato di disoccupazione. In particolare, si prevede una finestra temporale molto ristretta (dalla data di entrata in vigore del decreto in esame e fino al 31 ottobre 2021) per la stipulazione di tale contratto di lavoro che presuppone, quale condizione essenziale e previo consenso del lavoratore, un progetto individuale di inserimento di 6 mesi, finalizzato a garantire l'adeguamento delle competenze professionali del lavoratore stesso al nuovo contesto lavorativo. Al termine del periodo di inserimento le parti possono recedere dal contratto; se nessuna delle parti recede il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

 

Ai datori di lavoro privati, che assumono lavoratori con il contratto in esame è riconosciuto, per un periodo massimo di sei mesi, l'esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro su base annua. Per poter accedere a tale beneficio, il datore di lavoro, non deve aver dato luogo, nei sei mesi precedenti la nuova assunzione, a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo o a licenziamenti collettivi nella medesima unità produttiva. Inoltre, il licenziamento intimato durante o al termine del periodo di inserimento del nuovo lavoratore o il licenziamento collettivo o individuale di un lavoratore impiegato nella medesima unità produttiva e inquadrato con lo stesso livello e categoria legale di inquadramento del lavoratore assunto, effettuato nei sei mesi successivi alla predetta assunzione, comporta la revoca dell’esonero e il recupero del beneficio già fruito.

 

L’introduzione di nuove tipologie contrattuali, soprattutto per un periodo di tempo così breve e coincidente con la pausa estiva, appare una scelta improvvisata, tanto più considerando che si sarebbero, più opportunamente e concretamente, potute “adattare” allo scopo tipologie contrattuali già esistenti nell’ordinamento, come l’apprendistato professionalizzante, che ha la durata minima proprio di sei mesi e al quale, per il periodo indicato dalla legge, si sarebbe potuto elevare la misura, vigente, della sottocontribuzione.

Ciò anche perché l’apprendistato professionalizzante è già disciplinato in tutti i contratti collettivi di lavoro e questo avrebbe semplificato notevolmente l’applicazione pratica dell’istituto.

Inoltre, appare incongrua e poco ragionevole la previsione di un limite generalizzato all’utilizzo di questa nuova tipologia contrattuale, consistente nel non aver proceduto, nei sei mesi precedenti la nuova assunzione, a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo o a licenziamenti collettivi nella medesima unità produttiva.

In tal modo, si vuole surrettiziamente tentare di “prorogare” il blocco dei licenziamenti, allineando al 31 ottobre il blocco già previsto per le imprese non industriali.

 

A voler tutto ammettere, si può comprendere il limite ai licenziamenti introdotto per il periodo successivo l’assunzione, che è limitato ai lavoratori inquadrati, nella stessa unità produttiva, allo stesso livello e categoria legale di inquadramento del lavoratore assunto. Lo stesso limite si sarebbe potuto, dunque, ben introdurre anche con riferimento al periodo precedente.

Viene altresì prevista, dall’entrata in vigore del decreto e fino al 31 dicembre 2021 e per le aziende che abbiano particolare rilevanza strategica sul territorio, qualora abbiano avviato il processo di cessazione aziendale, la possibile proroga di sei mesi della CIGS, previo ulteriore accordo da stipulare in sede governativa presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la partecipazione del Ministero dello sviluppo economico e della Regione interessata.

Il Fondo sociale per occupazione e formazione è incrementato di 125 milioni di euro per l'anno 2022.

Viene altresì disposto il commissariamento dell’ANPAL, nelle more di una complessiva riorganizzazione dell’Agenzia e della nomina dei relativi organi.

Inoltre, viene istituito un fondo, con una dotazione di 20 milioni di euro per l’anno 2021, denominato Scuole dei mestieri, con la finalità di favorire una maggiore integrazione tra il sistema delle politiche attive del lavoro e il sistema industriale nazionale, la transizione occupazionale e la formazione dei lavoratori attivi nell’ambito dei settori particolarmente specializzanti.

Infine, viene previsto il reclutamento straordinario di dirigenti medici e tecnici della prevenzione negli ambienti e nei luoghi di lavoro, con contratti di lavoro a tempo indeterminato, da destinare ai Dipartimenti di prevenzione per la sicurezza negli ambienti e nei luoghi di lavoro.

 

In materia di education, viene previsto che, a seguito delle misure di contenimento del COVID-19, gli ITS non possano effettuare il numero minimo di ore previsto dalla vigente normativa per il relativo percorso formativo, formativo in corso conserva comunque validità.

Con riserva di ulteriori comunicazioni.

 

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