Varsavia, 10 apr. (Adnkronos) - La guerra commerciale, con i dazi imposti da Donald Trump, poi sospesi per tre mesi, e la guerra vera e propria che va prevenuta, ovvero come strutturare e finanziare il riarmo dell'Unione Europea di fronte all'imperialismo russo, risorto sotto la guida del presidente Vladimir Putin. I ministri delle Finanze dell'area euro e dell'Ue si riuniscono a partire da questa sera a Varsavia, per la tradizionale trasferta primaverile dell'Eurogruppo/Ecofin informale, in questo semestre sotto presidenza polacca. Per discutere di come schivare guerre commerciali ed evitare guerre vere e proprie come quella che infuria in Ucraina, i ministri si riuniranno per due giorni al Museo dell'Esercito Polacco (Muzeum Wojska Polskiego), il secondo museo del Paese, che raccoglie una vasta collezione di 'militaria', che narrano la travagliata storia polacca dal X secolo alla Seconda Guerra Mondiale. I ministri stasera si ritroveranno a cena, per poi riunirsi domattina di buon'ora nell'Eurogruppo. In agenda due temi: il primo è la preparazione degli incontri di primavera della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale che si terranno a fine aprile a Washington D.C.. Il secondo punto, aperto ai ministri dei Paesi extra-euro, sarà sulla situazione economica, con particolare attenzione all'inflazione e alla situazione sui mercati finanziari. Sul tavolo anche, ovviamente, i dazi sulle importazioni dall'Ue imposti e poi parzialmente sospesi dal presidente Trump, sotto la pressione del mercato obbligazionario, dove i rendimenti dei Treasuries, bene rifugio per eccellenza, si sono impennati. Lo stesso tema, i dazi, dominerà anche la prima giornata dell'Ecofin informale, domani da metà mattina fino a sera. Nel pomeriggio i banchieri centrali illustreranno ai ministri le possibili conseguenze delle tariffe doganali volute dagli Usa, sospese per novanta giorni da Donald Trump. L'indomani, sabato 12, sarà interamente dedicato al tema della difesa europea e di come finanziarla. A dare una solida base di discussione su questo argomento sarà un documento preparato per la presidenza polacca dal think tank bruxelles Bruegel (Wolff, G., A. Steinbach and J. Zettelmeyer 2025 ‘The governance and funding of European rearmament’, Policy Brief 15/2025), che fa un approfondito quadro della situazione e delinea le possibili risposte. La discussione sui dazi Usa si svolgerà in un clima relativamente più rilassato rispetto a quello che si temeva, dopo che Trump ha sospeso i dazi nei confronti dell'Ue (non quelli su acciaio e alluminio, ma quelli 'reciproci' annunciati il 2 aprile, a quanto si è capito), sotto la pressione del mercato obbligazionario che, ha osservato il tycoon, è "molto insidioso". La Commissione Europea ha risposto con una mossa di 'buona volontà', sospendendo per 90 giorni i controdazi varati ieri, che avrebbero dovuto entrare in vigore il 15 aprile, anche se i dazi su acciaio e alluminio degli Usa rimangono in piedi. "Non siamo qui per fare guerre commerciali, ma per trovare accordi", spiega un alto funzionario Ue. L'Europa, osserva, è "in tutt'altra situazione" rispetto alla Cina che, rifiutando di farsi umiliare anche per motivi storici, ha risposto a Trump colpo su colpo, scatenando l'ira della Casa Bianca. Nei prossimi novanta giorni, spiega la fonte, "il nostro focus" dovrà essere "trovare un buon accordo con i nostri amici americani". In ogni caso, la situazione "è seria", perché una guerra commerciale tra gli Usa e la Cina "non è una cosa di cui rallegrarsi". Parte della discussione tra i ministri sarà dedicata anche a "come assicurarci" di avere un "cuscinetto" nel mercato unico che, come hanno sottolineato i rapporti Letta e Draghi, è ancora tutt'altro che unico, in molti settori. Per cercare un accordo con gli Usa, ci sono "spazi" per un avvicinamento delle posizioni nel "campo energetico", come Trump ha sottolineato più volte. Quindi i ministri potranno avere una discussione "strategica" sia su come cercare un'intesa con gli Usa sia su come prepararsi all'eventualità che, tra novanta giorni, i dazi 'reciproci' vengano effettivamente applicati. Per l'alto funzionario, l'Europa deve "fare come il Buddha: dobbiamo stare calmi e concentrati", per trovare una "soluzione strategica" alle tensioni commerciali con gli Stati Uniti, il cui presidente non fa nulla per nascondere il suo disprezzo per l'Unione Europea. I vertici dell'Ue non sono ancora stati ricevuti alla Casa Bianca, a oltre mesi dell'insediamento di Trump. Addirittura l'Alta Rappresentante Kaja Kallas, in viaggio a Washington, non è stata ricevuta dal segretario di Stato Marco Rubio, malgrado l'ex premier estone avesse già annunciato pubblicamente che lo avrebbe incontrato. I ministri a Varsavia domani sera si riuniranno a cena, per una discussione più informale. Il grande tema della difesa europea dominerà invece la giornata di sabato. Il paper di Bruegel traccia un quadro realistico dello stato in cui decenni di tagli di bilancio, di sottoinvestimenti e di persistente frammentazione nazionale hanno ridotto l'Europa della difesa. In questo settore strategico, un mercato unico europeo non esiste. Esistono 27 mercati nazionali, relativamente piccoli, dominati dai 'campioni nazionali', che ogni capitale si coltiva e che sul piano globale sono dei nani. Nel 2023, ricorda Bruegel, il fatturato delle 27 aziende europee della difesa (di cui 20 Ue) tra le prime 100 al mondo ammontava a "130 miliardi di dollari", la "metà" di quello delle loro controparti statunitensi. Le prime tre aziende statunitensi hanno registrato nello stesso anno un fatturato "paragonabile a quello dell'Europa nel suo complesso". I risultati di questo nanismo nazionale parlano da soli: i Paesi europei, ricordano gli economisti di Bruegel, "gestiscono 12 diversi carri armati da combattimento principali, mentre gli Stati Uniti ne hanno uno". La frammentazione è "evidente" anche nel sostegno fornito all'Ucraina. Mentre gli Stati Uniti hanno consegnato al Paese invaso dalla Russia "un tipo di carro armato e due tipi di obice", i Paesi europei hanno consegnato agli ucraini "sette diversi carri armati e nove diversi obici". Ora che gli Stati Uniti "si stanno ritirando dal loro ruolo di guardiani europei", nota Bruegel, una maggiore cooperazione è "essenziale" per colmare le "lacune tecnologiche e ridurre i costi di riarmo". Se non si accorpano gli appalti e non si riduce la frammentazione, avvertono, "la domanda aggiuntiva di beni per la difesa" non farà altro che "aumentare i prezzi". Per gli esperti, mercati della difesa meglio integrati "aumenterebbero la concorrenza" e "faciliterebbero l'ingresso di nuove aziende tecnologiche nel settore della difesa". La combinazione di mercati integrati e di appalti su larga scala, sottolineano, "potrebbe portare a un dimezzamento dei costi unitari". Un ulteriore problema della base industriale della difesa europea , sottolinea Bruegel, è la "mancanza di alcune tecnologie moderne per gli armamenti". Tra queste, "i caccia di quinta generazione, alcuni sistemi di difesa aerea, i sistemi di artiglieria missilistica simili agli Himars statunitensi e gli elicotteri da trasporto pesante". L'Europa si affida inoltre a "software statunitensi e a sistemi di comunicazione e intelligence basati su satellite" americani. Gli esperti di Bruegel sottolineano che il piano ReArmEu da 800 mld di euro (annunciati) aiuterà principalmente la Germania a riarmarsi, mentre sarà di utilità assai più limitata per altri Paesi, che hanno vincoli di bilancio, avendo un debito/Pil ben superiore al Paese che detiene tuttora il monopolio dei safe asset europeo, il Bund. Monopolio che consente ingenti risparmi nella spesa per interessi. Per uscire da questa situazione di frammentazione, che comporta una spesa elevata a fronte di risultati subottimali sul piano militare, Bruegel delinea due possibili strade. Una "incrementale", comunitaria, con il potenziamento dell'Eda, l'agenzia Ue per la difesa, e della Pesco, la cooperazione europea per acquisti campo della difesa e della sicurezza, acquisti che "non hanno sempre funzionato con efficacia". La seconda via, che secondo Bruegel è preferibile per una serie di motivi, è quella "trasformativa", la via intergovernativa, già seguita in altre occasioni e che evita la trappola dell'unanimità. In pratica, gli esperti del think tank propongono di creare lo European Defence Mechanism, una nuova istituzione modellata sul Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes). L'Edm (o Med in italiano) lancerebbe "appalti congiunti" nella difesa e "pianificherebbe la fornitura di abilitatori strategici in aree specifiche". L'Edm deterrebbe la proprietà di questi abilitatori strategici (quei mezzi militari che consentono la rapida proiezione della forza militare fuori dal proprio territorio, come portaerei, aerei per il rifornimento in volo dei jet, satelliti eccetera) e addebitare tariffe d'uso ai membri dell'Edm, "riducendo così l'impatto finanziario del riarmo". L'adesione all'Edm "comporterebbe il divieto sia di aiuti di Stato sia di agevolazioni negli appalti che avvantaggino gli appaltatori della difesa nazionale, a scapito degli appaltatori di altri membri dell'Edm". Il Med verrebbe finanziato in modo simile al Mes, con quote di capitale versato e quote di capitale sottoscritto e esigibile alla bisogna. Nel frattempo, sul tavolo ci sono ReArmEu e i prestiti di Safe, i quali difficilmente saranno un 'game changer', secondo Bruegel, perché consentirebbero un risparmio relativamente limitato. Mentre il giudizio del think tank sulle due iniziative della Commissione è piuttosto negativo, la presidenza polacca le considera un notevole progresso. Su Safe è imminente la posizione negoziale del Consiglio, che andrà negoziata con il Parlamento, ma "non bisogna aspettarsi grandi cambiamenti" sulla soglia del 'buy European', dato che alcuni asset militari l'industria della difesa europea semplicemente non li produce: si producono solo negli Usa. Nel paper di Bruegel si parla solo del riarmo convenzionale, e non di quello nucleare, cui alcuni Paesi del fronte orientale, come la Polonia, stanno pensando. Sul tavolo dei ministri, allo stato, non c'è una discussione sull'attivazione della clausola generale di salvaguardia ("è un po' presto" per parlarne, secondo una fonte Ue), ma entro la fine del mese i Paesi membri dovranno decidere se chiedere di attivare la clausola nazionale di salvaguardia, che consentirebbe una spesa aggiuntiva per la difesa senza incorrere nella procedura per deficit eccessivo (nella quale si trovano già sia Italia che Francia). A fine mese, quindi, si vedrà quanti degli 800 miliardi di euro annunciati da Ursula von der Leyen per il piano ReArmEu si concretizzeranno davvero, per consentire all'Europa di uscire dallo stato di "minorità geopolitica" in cui si trova da decenni.