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News - 04/03/2014

Semplificazione - Appalti - P.A.: fatturazione elettronica, subappalto nel settore IT, acquisto di programmi informatici

Norme e chiarimenti

Verso la fatturazione elettronica obbligatoria alla PA
Con un comunicato stampa dello scorso 6 dicembre l'Agenzia dell'Entrate ha confermato l'avvio della fase sperimentale di fatturazione elettronica verso la pubblica amministrazione.
A partire da tale data le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (ovvero tutti i soggetti che concorrono al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica definiti in ambito nazionale, che sono inseriti nel conto economico consolidato ed individuati entro il 30 settembre di ciascun anno dall'Istat, nonché le amministrazioni autonome), che volontariamente e sulla base di specifici accordi con i propri fornitori decideranno di aderire al c.d. "Sistema di Interscambio", potranno ricevere le fatture dei propri fornitori direttamente in formato elettronico.
L'avvio della sperimentazione segna un importante traguardo nell'ambito del processo di ammodernamento della pubblica amministrazione voluto dal legislatore, che con la Legge n. 244 del 2007 (la "Finanziaria 2008"), nell'ottica di razionalizzare i costi del settore pubblico e contribuire alla digitalizzazione del Paese, diede avvio ad un graduale processo normativo ed organizzativo, finalizzato a rendere obbligatoria l'emissione di fatture verso la PA esclusivamente in formato elettronico.
L'articolo 1, commi da 209 a 214, della Finanziaria 2008 demandava all'emanazione di un decreto ministeriale la disciplina del funzionamento del c.d. Sistema di Interscambio", ovvero della piattaforma informatica gestita da Sogei per conto del Ministero dell'economia e delle finanze (www.fatturapa.gov.it), che permette la trasmissione delle fatture elettroniche dai fornitori alla PA.
Tale decreto ministeriale è stato emanato lo scorso 3 aprile (Decreto Ministeriale n. 55, in G.U. Serie Generale n.118 del 22-5-2013, recante il "regolamento in materia di emissione, trasmissione e ricevimento della fattura elettronica da applicarsi alle amministrazioni pubbliche" – di seguito, il "Decreto"), definendo le regole tecniche per la gestione dei processi di fattura elettronica verso le amministrazioni statali.
Secondo il calendario contenuto nel Dm n. 55/2013, dopo la prima fase di sperimentazione, a partire dal 6 giugno 2014, l'obbligo di emettere fatture esclusivamente in formato elettronico si applicherà a tutti i Ministeri, alle Agenzie fiscali ed agli Enti nazionali di previdenza ed assistenza sociale, anche in assenza di un previo accordo con i fornitori interessati.
Dopo 24 mesi dall'entrata in vigore del Decreto (e dunque a partire dal 6 giugno 2015), l'obbligo di emettere fatture esclusivamente in formato elettronico si applicherà definitivamente a tutte le altre amministrazioni pubbliche ed alle amministrazioni locali.
Decorsi i termini sopra illustrati, le amministrazioni pubbliche non potranno più accettare fatture che non siano inviate in formato elettronico tramite il Sistema di Interscambio e, trascorsi ulteriori tre mesi da tali termini, esse non potranno procedere ad alcun pagamento, nemmeno parziale, sino all'invio delle fatture da parte dei fornitori con le predette modalità.
Gli allegati al Dm n. 55/2013 contengono specifiche prescrizioni di carattere tecnico, con particolare riferimento al formato della fattura elettronica (Allegato A), alle regole tecniche relative alle soluzioni informatiche utilizzabili per l'emissione e la trasmissione delle fatture elettroniche alla PA (Allegato B), ai processi di riorganizzazione ed adeguamento dei sistemi informatici delle PA (Allegato C), alle regole di identificazione univoca degli uffici centrali e periferici delle amministrazioni destinatarie della fatturazione (Allegato D) ed ai servizi di natura informatica che saranno resi disponibili alle piccole e medie imprese per emettere fatture in formato elettronico.
In vista della prossima scadenza del 6 giugno 2014, la Ragioneria generale dello Stato ha emanato la circolare n. 37 del 4 novembre. Tale circolare, diretta ai Ministeri, contiene prescrizioni volte ad agevolare l'adeguamento dei sistemi informatici e la riorganizzazione dei Ministeri per garantire una corretta gestione delle fatture elettroniche che saranno emesse dai fornitori degli stessi. Le amministrazioni interessate dovranno identificare i propri uffici deputati alla ricezione delle fatture elettroniche tramite il Sistema di Interscambio, inserendo gli opportuni riferimenti all'interno dell'Indice delle Pubbliche Amministrazioni (IPA) (www.indicepa.gov.it)
L'insorgere delle obbligo per le imprese fornitrici di emettere fatture verso la PA esclusivamente in formato elettronico comporterà la necessità per le stesse di procedere alla c.d. "conservazione sostitutiva" delle fatture elettroniche così emesse, nel rispetto delle previsioni del Codice dell'Amministrazione Digitale (Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82) e delle relative regole tecniche. Tra gli altri obblighi, le imprese dovranno nominare un "responsabile della conservazione" e strutturare il proprio processo organizzativo-informatico in maniera tale da garantire la gestione a norma delle fatture elettroniche, comunicando altresì annualmente all'Agenzia delle Entrate la c.d. "impronta digitale" del proprio archivio informatico.

Il subappalto nelle gare pubbliche nel settore della Information and Telecomunication Technology
È noto che il contratto di subappalto trae la sua origine dall'impianto normativo del diritto privato. L'applicazione di tale istituto al settore degli appalti pubblici, caratterizzato dalla presenza di interessi di carattere generale, comporta tuttavia un adattamento della originaria disciplina privatista.
In particolare, il ricorso al subappalto nel caso dei contratti pubblici non è puramente discrezionale ma incontra anzi una serie di limiti. Esso è senz'altro ammesso perché utile a garantire una maggiore tutela della libera concorrenza: il subappalto costituisce infatti una modalità di accesso al mercato degli appalti pubblici per le imprese di piccole e medie dimensioni. Tuttavia, il carattere personale del rapporto fra appaltatore e pubblica amministrazione fa sì che il ricorso al subappalto abbia carattere eccezionale. Di conseguenza, la stazione appaltante gode di un significativo potere autorizzatorio nei confronti del proprio contraente privato, tale che l'esecuzione di un appalto pubblico tramite subappalto di fatto è consentita soltanto entro limiti ristretti.
Conviene chiedersi, quindi quale sia il regime del subappalto nel particolare settore ICT.
In via generale, l'art. 118 del Codice degli appalti considera come subappalto qualsiasi contratto (i) che abbia ad oggetto attività che richiedono l'impiego di manodopera (ad es. le pose in opera e i noli a caldo); (ii) di importo superiore al 2% dell'importo delle prestazioni affidate o comunque superiore a 100.000 euro; (iii) nel quale l'incidenza della manodopera e del personale sia superiore al 50% dell'importo del contratto da affidare.
La norma stabilisce, inoltre, che qualunque categoria di prestazione è subaffittabile, e perciò anche nell'ambito ICT, nei limiti di quanto previsto nella lex di gara.
Anche nel settore degli appalti pubblici ICT, permane l'obbligo per l'affidatario di osservare ogni prescrizione del Codice degli appalti, tra cui in particolare:
a) indicare, all'atto dell'offerta o in caso di varianti in corso d'esecuzione, i servizi e le forniture o le parti di servizi e forniture che intende subappaltare;
b) depositare il contratto di subappalto presso la stazione appaltante almeno venti giorni prima della data di effettivo inizio dell'esecuzione delle relative prestazioni, trasmettendo contestualmente la certificazione attestante il possesso, da parte del subappaltatore, dei requisiti di qualificazione prescritti dal codice in relazione alla prestazione subappaltata, oltre che la dichiarazione del subappaltatore attestante il possesso dei requisiti generali di cui all'art. 38;
c) sincerarsi che non sussista, nei confronti dell'affidatario del subappalto, nessuno dei divieti previsti dall'art. 10, L. 575/1965;
d) trasmettere, entro venti giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato in suo favore, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti corrisposti al subappaltatore, con l'indicazione delle ritenute di garanzia effettuate o, in caso di pagamento diretto ad opera della stazione appaltante (se così previsto nel bando di gara), comunicare a quest'ultima la parte delle prestazioni eseguite dal subappaltatore, con la specificazione del relativo importo e con proposta motivata di pagamento;
e) praticare, per le prestazioni affidate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall'aggiudicazione, con ribasso non superiore al venti per cento;
f) allegare alla copia autentica del contratto la dichiarazione circa la sussistenza o meno di eventuali forme di controllo o di collegamento a norma dell'art. 2359 c.c. con il titolare del subappalto.
Occorre, comunque, evidenziare che in base ai principi generali, anche di matrice civilistica, nulla impedirebbe alla stazione appaltante di prevedere limiti ulteriori rispetto a quelli disposti dall'art. 118, ove ritenuti necessari al fine di preservare l'interesse pubblico anche nella fase esecutiva del contratto.
In base al combinato disposto dei commi 2 e 8 dell'art. 118, l'appaltatore che abbia manifestato nell'offerta l'intenzione di subappaltare l'attività ricevuta in affidamento, dovrà presentare un'istanza (allegando copia autentica del contratto, ove già sottoscritto, e la dichiarazione di cui alla precedente lettera f)) alla stazione appaltante, che provvederà al rilascio dell'autorizzazione entro il termine di trenta giorni dalla richiesta, prorogabile un'unica volta ove ricorrano giustificati motivi. Trascorso infruttuosamente il lasso temporale, l'autorizzazione si intenderà concessa, configurandosi un'ipotesi di silenzio-assenso.
La mancanza del preventivo provvedimento autorizzatorio è causa di nullità del subappalto ex art. 1418 c.c., per contrarietà a norme imperative (oltre ad avere, la relativa condotta, rilievo penale, ai sensi dell'art. 21 L. n. 646/1982).
L'ultimo comma dell'art. 118 del Codice degli appalti esclude l'ipotesi del subappalto per la subfornitura a catalogo di prodotti informatici. Trattasi, in verità, di una previsione poco chiara (cfr. Cons. Stato, sez. consultiva, parere n. 355/2006), la cui equivocità è rimarcata peraltro dalle diversità che distinguono i contratti d'appalto da quelli di subfornitura, i quali implicano un decentramento della produzione non limitato al singolo appalto, bensì alla gestione strategica dell'azienda. La mancanza di pronunce giurisprudenziali rende, peraltro, difficile prevedere quale sia la corretta interpretazione della norma.
È tuttavia possibile tentare un approccio interpretativo della disposizione. Come detto sopra, il subappalto ha quale elemento caratterizzante la forte incidenza della manodopera nell'attività svolta. Per tale ragione si fa differenza tra nolo "a caldo" (un caso di subappalto in cui è fornita sia l'attrezzatura sia il personale per utilizzarla) e il nolo "a freddo" (che non costituisce subappalto proprio in ragione della mancanza dell'opera umana nell'oggetto del contratto, che è limitato alla mera messa a disposizione di cose).
La presenza o meno dell'apporto umano, quale condizione qualificante del contratto di subappalto, potrebbe allora avere incidenza anche nel caso di fornitura a catalogo di prodotti informatici. Infatti, è prassi che in tali casi alla fornitura di software si accompagni una attività di assistenza e manutenzione degli stessi.
Qualora tale attività diventi particolarmente rilevante, non è da escludersi che il contratto possa essere qualificato, attraverso una pronuncia innovativa, come un vero e proprio subappalto.
In ultimo, quanto alla possibilità di ricorrere al subappalto nel settore delle telecomunicazioni, è fondamentale precisare che, malgrado i contratti aventi ad oggetto tali servizi siano esclusi dall'applicazione della disciplina codicistica ai sensi dell'art. 22 del Codice degli appalti, l'ultimo comma dell'art. 27 prevede esplicitamente, sulla scorta delle norme e dei principi del diritto europeo, che anche per tali contratti trovi applicazione l'art. 118.

Acquisto di programmi informatici da parte delle pubbliche amministrazioni: emanate le Linee Guida per la valutazione comparativa ex art. 68 del Codice dell'Amministrazione Digitale
L'Agenzia per l'Italia Digitale ("AgID") ha recentemente emanato la Circolare 63/2013, relativa alle "Linee Guida per la valutazione comparativa prevista dall'art. 68 del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 83 - Codice dell'Amministrazione Digitale". Il documento è consultabile on-line sul sito dell'AgID (http://www.agid.gov.it/documentazione).
Ai sensi dell'art. 68 del Codice dell'amministrazione Digitale ("CAD"), le pubbliche amministrazioni che intendono acquisire programmi informatici, o parti di essi, sono tenute a effettuare una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico tra le varie soluzioni disponibili sul mercato. Il CAD individua le seguenti categorie di soluzioni per la fruizione di programmi informatici, che devono formare oggetto di valutazione da parte delle pubbliche amministrazioni: (i) software sviluppato per conto della pubblica amministrazione; (ii) riutilizzo di software (o parti di esso) sviluppati per conto della pubblica amministrazione; (iii) software libero o a codice sorgente aperto; (iv) software fruibile in modalità cloud computing; (v) software di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d'uso; (vi) software combinazione delle precedenti soluzioni.
L'acquisto di software da parte della pubblica amministrazione deve avvenire nel rispetto dei principi di economicità, efficienza, tutela degli investimenti, riuso e neutralità tecnologica. La valutazione comparativa è finalizzata a garantire il rispetto di tali principi. Ai sensi dell'art. 68 co. 1-bis del CAD la pubblica amministrazione deve privilegiare l'utilizzo di soluzioni già disponibili all'interno della pubblica amministrazione, o in alternativa l'acquisto di software libero o open source. L'acquisto di programmi informatici di tipo proprietario con codice sorgente chiuso è ammesso solo ove, all'esito della valutazione comparativa, risulti impossibile per la pubblica amministrazione accedere a una delle soluzioni indicate come preferibili dal CAD (software già disponibile, riuso, software libero o open source), che risponda adeguatamente alle proprie esigenze. La scelta di acquistare software proprietario con codice sorgente chiuso da soggetti privati deve quindi essere adeguatamente motivata sulla base delle risultanze della procedura comparativa.
Le Linee Guida recentemente emanate dall'AgID forniscono ora gli strumenti per effettuare la valutazione comparativa tra le varie soluzioni software disponibili sul mercato, definendo nel dettaglio le modalità e i criteri per l'effettuazione di tale valutazione. Le Linee Guida, emanate in forza di uno specifico potere attribuito all'AgID dall'art. 68 del CAD, descrivono ora il percorso metodologico che deve essere adottato per effettuare la procedura comparativa e una serie di esempi pratici, applicando così in concreto i principi già indicati nel CAD. Su richiesta dei soggetti interessati, l'AgID è altresì tenuta a esprimere pareri circa il rispetto delle Linee Guida.
L'importanza delle nuove regole emanate dall'AgID è evidente. La violazione delle regole previste dal CAD e dalle Linee Guida dell'AgID in relazione alla valutazione comparativa potrebbe infatti comportare la responsabilità del funzionario incaricato (eventualmente anche per danno erariale), nonché l'impugnabilità di eventuali bandi di gara o delle conseguenti aggiudicazioni.

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