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Articolo - 14/07/2025

Fondi e occupazione, le multinazionali tornano a investire. Santacroce: “Lazio attrae con capitale umano di eccellenza, filiere e crescita delle infrastrutture”

Dalla Novo Nordisk alla Johnson&Johnson le big company mondiali investono oltre tre miliardi di euro sul nostro territorio. Cresce l'occupazione con duemila assunzioni

 

Gli occhi sono puntati sul Rome Technopole, che mette insieme le università e l’alta specializzazione professionale. E poi ci sono le altre grandi aree industriali della Capitale e del Lazio, che vivono una fase di rilancio. Giusto qualche esempio. La multinazionale danese del farmaco, Novo Nordisk, punta su Anagni. E investe due miliardi di euro per creare 1.500 nuovi posti di lavoro. C’è un’aspettativa enorme anche perché il mercato chiede i suoi farmaci anti-obesità e anti-diabete, due dei grandi mali del mondo occidentale. Poi c’è la giapponese Takeda, altra farmaceutica che in Italia punta sui plasmaderivati: a Rieti ha previsto un piano di investimento da 350 milioni di euro. In Ciociaria 70 milioni li spende New Cold che costruirà a Ferentino un magazzino logistico (il più grande del Centrosud), a pochi passi dal grande impianto produttivo del grande player del settore dei gelati confezionati, Froneri: un modo concreto di come si può fare sistema. E poi c’è Johnson&Johnson: 125 milioni di euro messi sul piatto per lo stabilimento di Latina. Sì, dunque, le grandi multinazionali puntano proprio sul Centro Italia, sul Lazio, su Roma.
 

I numeri 

Secondo il Centro studi Unindustria si contano nella regione 4.994 unità locali dei gruppi multinazionali stranieri (il 9% del totale dell’intera penisola), con 170 mila addetti (31 mila per il solo comparto di Ict e 10.600 per il chimico-farmaceutico). Scendendo nel dettaglio, le multinazionali estere di grandi dimensioni (che, quindi, contano più di 250 addetti), hanno 133 sedi sul territorio (il 12% del totale italiano) e contano 79 mila dipendenti. Le multinazionali estere incidono per il 20% al Pil regionale. Un addetto che lavora per loro offre un valore aggiunto di 127 mila euro l’anno (103 mila euro è la media italiana), contro la quota di 61 mila del totale delle imprese laziali. E chi lavora lì guadagna anche di più 45 mila euro l’anno (contro i 41 mila della media della penisola) contro i 28 mila euro del totale delle imprese laziali. Fortissimo è il legame con gli Usa. Gli Stati Uniti sono il primo Paese a investire nella regione (43 mila addetti e 31 miliardi di fatturato). Seguono Francia e Gran Bretagna.
 

L’analisi

«I numeri indicano una realtà in evoluzione» - spiega Alessandra Santacroce, vicepresidente di Unindustria con delega alle multinazionali e direttore delle relazioni istituzionali di Ibm. «Dico sempre, come responsabile del gruppo tecnico delle multinazionali, che serve fare un forte gioco di squadra e che sono necessarie sinergie». C’è proprio il concetto di rete al centro del successo, anche perché la concorrenza dei territori a voler ospitare le grandi realtà è sempre più alta. «La Regione Lazio si sta posizionando in Europa molto più di prima. A Bruxelles ha presentato il portale Invest in Lazio per aumentare le opportunità di sviluppo industriale e aiutare chi vuole venire qui a investire». Ma cosa sta attraendo dall’estero? Un tempo era la Cassa del Mezzogiorno a stimolare nuovi investitori a puntare su territori, come quelli a Sud della Capitale che grazie a quel sistema hanno vissuto da protagonisti il periodo del Boom economico. Oggi le dinamiche sono cambiate. Gli scenari globali spingono le imprese a trovare luoghi dove ci siano persone in grado di dare valore aggiunto, tecnologie che sappiano interconnettere con i luoghi più lontani, infrastrutture che rendano facile lo spostamento delle produzioni. Ecco la chiave. «Nel Lazio c’è un capitale umano di eccellenza, un ruolo molto importante delle filiere, una crescita delle infrastrutture. Tutto questo attrae», conclude Santacroce.


Articolo a cura di Giampiero Valenza per Il Messaggero

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