Con sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli n. 325/6/12 depositata il 29 giugno scorso, disattendendo la prassi interpretativa seguita dall'Agenzia delle Entrate e l'orientamento della giurisprudenza tributaria di legittimità (Cass., Sez. trib., 13 maggio 2003, n. 7339), viene sancito il principio per cui in pendenza di ricorso non è previsto pagamento.
La Commissione campana, intervenendo sulla nota questione dell’incompatibilità tra l’art. 15, D.P.R. n. 602/1973 e l’art. 68, D.Lgs. n. 546/1992, ha dichiarato l’esclusiva applicabilità di tale ultima disposizione in considerazione della sostenuta abrogazione tacita del primo comma dell’art. 15 del D.P.R. n. 602/1973 (disposizione peraltro recentemente modificata dal D.L. n. 70/2011).
L’entrata in vigore dell’art. 68, D.Lgs. n. 546/92 che, come noto, “anche in deroga a quanto previsto nelle singole leggi di imposta”, subordina l’iscrizione a ruolo dei due terzi del tributo accertato all’emissione di una sentenza di merito sfavorevole al contribuente, secondo la Commissione provinciale non avrebbe comportato esclusivamente l’abrogazione espressa del secondo comma del citato art. 15 ma, in quanto successiva, “dovrebbe considerarsi esplicitamente abrogativa di tutte le norme precedenti contrastanti”.
In considerazione di tale assunto, secondo la Commissione, sarebbe da considerarsi illegittima la prassi dell’Agenzia delle Entrate di procedere, sine titulo, alla richiesta di un adempimento parziale dell’obbligazione tributaria ancora oggetto di contestazione dinanzi al giudice tributario. Ove l’Amministrazione finanziaria proceda ad iscrivere a ruolo a titolo provvisorio in pendenza di ricorso avverso un avviso di accertamento, dunque, il contribuente non sarebbe tenuto ad alcun pagamento. Allorchè l’Amministrazione finanziaria ravvisi un concreto pericolo per la riscossione delle maggiori imposte accertate, con le opportune motivazioni, potrebbe infatti agevolmente ricorrere all’iscrizione nei ruoli straordinari previsti dall’art. 15-bis dell’intero importo recato dagli avvisi di accertamento emessi.
La pronuncia si innesta nel solco tracciato dalla prevalente giurisprudenza tributaria di merito che, in considerazione dell’inderogabilità del limite alla garanzia del credito statale posto dall’art. 68 del D.Lgs. n. 546/1992 e nonostante l’orientamento della Suprema Corte, si era espressa a favore dell’inapplicabilità dell’art. 15, D.P.R. n. 602/1973 alla c.d. riscossione frazionata con conseguente obbligatorietà del pagamento solo a seguito della sentenza di primo grado (CTP Siracusa sentenza n. 12/2002, CTP Grosseto sentenza n. 43/2005, CTP Roma sentenze n. 612/2002 e n. 329/2009, CTP La Spezia sentenza n. 38/2010).
La decisione, al contrario, contrasta irrimediabilmente con la posizione di contestuale applicabilità delle due disposizioni assunta dalla Suprema Corte con la sentenza n. 7339/2003, motivata in considerazione della diversità del loro ambito di applicazione. Secondo la Corte di Cassazione, infatti, mentre il comma 1 dell’art. 15, D.P.R. n. 602/1973 disciplinerebbe la riscossione del tributo nella fase amministrativa, l’art. 68 del D.Lgs. n. 546/1992 regolerebbe la riscossione frazionata del tributo in pendenza del processo tributario.
Ciò in considerazione dell’intervenuta abrogazione, per incompatibilità, del solo comma 2 dell’art. 15 ad opera dell’art. 37, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.