Per aggredire un mismatch che nel Lazio è salito al 39%, un dato migliore della media nazionale (45,2%) ma in costante aumento dal 2019 quando si fermava al 21%, serve «rilanciare subito l’intera filiera dell’istruzione tecnico-professionale, e, nel medio termine, puntare su un massiccio orientamento verso studenti, famiglie e docenti per far loro conoscere cosa davvero occorre oggi al mondo del lavoro - sottolinea Giuseppe Biazzo, vice presidente di Unindustria con delega al Capitale umano e alla cultura d’impresa e Ad del gruppo Orienta -. Le racconto quello che vedo ogni giorno. Nei migliori istituti tecnici del settore Digitale e Tecnologico, i ragazzi a metà del quinto anno, quindi ancor prima del diploma, ricevono già 5-6 offerte di lavoro. E anche se decidono di proseguire nei percorsi terziari, università o Its, sono costantemente seguiti dalle imprese a caccia delle loro competenze».
Vice presidente, eppur assistiamo a una forte licealizzazione...
Sì, purtroppo è così. Ed è per questo che bisogna sforzarsi di più, tutti, per far conoscere la nostra manifattura e le opportunità concrete che offre. Oggi tra digitalizzazione, Intelligenza artificiale, Industria 4.0 e trasformazione rapidissima dell’organizzazione produttiva e del lavoro, c’è bisogno di riscoprire i “talenti del fare”. Quindi, gli istituti tecnici, gli istituti professionali, che sono più in affanno, gli Its Academy, gli istituti tecnologici superiori, d’assoluta avanguardia, dove il legame con le imprese e la co-progettazione dei percorsi formativi è il fiore all’occhiello. E i risultati si vedono: il tasso di occupazione in uscita dagli Its Academy è del 80-90%, al Meccatronico di Frosinone, per farle un esempio nel nostro territorio, siamo al 100%. Le aziende si stanno impegnando, anche alla luce della drammatica denatalità in atto. Basti guardare i numeri dell’ultima edizione (la 11esima, ndr) di “Eureka! Funziona!”, l’iniziativa promossa da Federmeccanica in collaborazione con l’Associazione per l’insegnamento della Fisica (Aif) e l’Istituto italiano di tecnologia (Iit), che ha l’obiettivo di stimolare negli studenti della primaria l’interesse verso la cultura scientifica e tecnologica. Il tema scelto quest’anno è stata la “pneumatica” ed ha visto la partecipazione di oltre 140 bambini di 12 istituti laziali.
La ricetta è più formazione pratica e perché no continua?
Esattamente. Vede, fino a una decina d’anni fa le competenze duravano 15-20 anni. Oggi non più di 5-6 anni. C’è pertanto bisogno di un loro costante aggiornamento. Anche perché, rispetto al passato, un giovane che entra ora nel mondo del lavoro avrà una carriera professionale che potrà avere anche 5-6 cambiamenti. Molti dei quali in meglio. Nelle selezioni infatti i candidati sono sì attenti agli aspetti retributivi, ma anche, e direi soprattutto, alle opportunità di crescita offerte.
Come si trattengono i migliori laureati?
A livello universitario abbiamo un mismatch del 40% che riguarda soprattutto gli indirizzi Stem, chimico-farmaceutico, scienze matematiche, fisiche e informatiche, ingegneria industriale, elettronica e dell’informazione. Dobbiamo creare veri e propri poli di attrazione, puntare su spin off e start-up. Tutto il tema della ricerca e del trasferimento tecnologico è importante, così come i dottorati innovati. Anche se qui bisogna lavorare sulle imprese, specie le Pmi, per rendere lo strumento più familiare. Vede, innovazione, competenze, semplificazione, valorizzazione delle risorse umane sono il futuro del lavoro. E questo è anche il miglior contenuto di quel patto pubblico-privato che oggi è quanto mai fondamentale per rilanciare l’Italia.
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