Stefania Palamides, Presidente della Sezione Industria Ceramica di Unindustria e general manager di Ceramica Tecla, azienda a conduzione familiare da 50 dipendenti fondata nel '97 a Civita Castellana (Viterbo) specializzata nella produzione di lavabi, teme di non riuscire a reggere l'onda d'urto della crisi energetica e del caro bollette: «L'ultima fattura per la fornitura elettrica, relativa al bimestre giugno-luglio, è stata di 54 mila euro». A causa della rottura di un forno ha attivato la Cig per tre settimane ma, senza sostegni governativi, teme di doverla prorogare. Palamides teme la «tempesta perfetta».
Quanto ha inciso sulla vostra attività l'aumento del costo dell'energia e delle materie prime?
«Il prezzo delle materie prime è aumentato tra l'8 e il 10 per cento, ma il nostro fornitore spagnolo ci ha comunicato ulteriori rincari dal 1° settembre. Inoltre, per un'azienda energivora come la nostra il costo delle bollette è diventato insostenibile: l'ultima, relativa al bimestre giugno-luglio, è stata di 54 mila euro. E pensare che siamo tra i più fortunati, perché siamo riusciti a concordare nel contratto una tariffa bloccata a 0,42 centesimi a kilowattora per tre anni, mentre il prezzo di mercato ora è di 3 euro. Ciò nonostante rispetto all'anno scorso, quando pagavamo 0,17 centesimi al kilowattora, la spesa è triplicata».
Come siete riusciti finora a mitigare l'impatto?
«Abbiamo riversato parte degli aumenti sui clienti, tra il 15 e il 20 per cento: una misura non auspicabile che inquina il mercato e ci penalizza rispetto ai nostri competitor europei. Oltre alle materie prime per produrre lavabi in ceramica, sono aumentati pallet, imballaggi, packaging...».
Pensate di dover ricorrere alla cassa integrazione?
«L'abbiamo già attivata per tre settimane, ma a causa di un forno guasto che deve essere riparato. Tuttavia temiamo di doverla estendere e lo abbiamo già comunicato ai sindacati, sperando di non dover tagliare il personale. Purtroppo abbiamo ordinativi per i prossimi due mesi, ma poi? Sarà un autunno difficile, speriamo che il governo intervenga con il tetto nazionale al prezzo del gas, il rinnovo del credito di imposta e misure strutturali».
L'ha mai sfiorata l'idea di chiudere l'azienda?
«Si, ma ci batteremo con tutte le forze per garantire lo stipendio a 50 famiglie».
L'intervista, a cura del Corriere della Sera, è disponibile in allegato.