Gli aggettivi che circolano più frequentemente, nel mondo delle imprese della Capitale e del Lazio, sono piuttosto netti: «incomprensibile», «assurdo», «insensato». In ogni caso, «non negoziabile». E su una cosa sono tutti d'accordo: nel «malaugurato caso» che Roma dovesse perdere ministeri o funzioni, nell'ambito della riforma dell'Autonomia differenziata, andrebbe «ampiamente risarcita». E non solo con la legge per Roma Capitale, «che anzi è già troppo in ritardo», ma con l'approdo all'ombra del Colosseo di autorità, anche internazionali, e di altre realtà non solo legate alla politica.
«Si sta discutendo dalla scorsa legislatura, anche in maniera costruttiva, di dare più poteri e più ruoli alla capitale d'Italia, come succede negli altri Paesi europei», sottolinea Angelo Camilli, Presidente di Unindustria. Per cui parlare di spostamento di ministeri e funzioni «è un controsenso e non sta ne in cielo né in terra - dice Camilli - Di fronte ai gravi problemi che deve affrontare il Paese, parlare di una cosa che non esiste è davvero incomprensibile». Insomma, secondo gli imprenditori romani ci sono ben altre priorità su cui lavorare, visto anche il delicato momento internazionale, piuttosto che dedicarsi a un progetto di riforma «incomprensibile». E che, sostengono gli imprenditori, creerebbe un danno notevole all'economia romana.
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