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Interviste ed Editoriali - 05/05/2023

La formazione entra nelle celle del carcere: "Prima occasione per non sbagliare più"

Intervista a Roberto Santori Presidente della sezione consulenza e attività professionale e formazione di Unindustria, sul Dorso Centro del Sole24ore


La formazione entra nelle celle del carcere. Per offrire, più che una seconda chance una vera prima opportunità. Perchè con una giusta formazione e l'aiuto delle imprese si può ripartire anche dopo un errore che ha aperto le porte di una struttura penitenziaria. Quasi una sfida per Roberto Santori, presidente della sezione Consulenza e attività professionale e formazione di Unindustria, oltre che fondatore e amministratore delegato di Challenge Network Spa, azienda che sviluppa un sistema di servizi integrati per la consulenza e formazione e che vanta collaborazioni con Fiat, Mascrati, Poste Italiane, Acea, Telecom, juventus Fc, Sda e sedi e hub regionali a Dubai, Rio, Belgrado, Madrid, Londra, Istanbul e Atene.

 

Dal 2018 Santori porta avanti la formazione in carcere, a Rebibbia e, seppure tra qualche difficoltà, comincia a vedere qualche risultato.
 

«L'idea di entrare a fare formazione in carcere è nata quasi per caso, come spesso accadono le cose belle racconta - Nel gennaio di 5 anni fa, nell'ambito di una serie di iniziative promosse dalla società del Comune di Roma Zetema che organizzava corsi su temi ampi, arte e cultura per detenuti, sono stato invitato a portare la mia testimonianza e dare qualche consiglio a chi scontava una pena per reinserirsi nel mondo del lavoro».

Un passo abbastanza inconsueto per il manager piombato in un aula con settanta persone «che non erano interlocutori abituali». 

Poi superata la fase iniziale, tolta giacca e cravatta, ho iniziato a far parlare loro, e si è creata una sintonia con le persone che si raccontavano e volevano dire le esperienze e pulire le coscienze».

La molla scatta dopo, una volta lasciato alle spalle il portone. «Considerato che la nostra azienda si occupa di formazione ho pensato che questa potesse essere l'occasione per dare loro almeno una possibilità, partendo dal rapporto di fiducia».

La pandemia e le restrizioni dettate dall'emergenza sanitaria non hanno fermato la macchina messa in piedi dal presidente della sezione di Unindustria che proprio nel periodo di massima necessità ha fornito supporto sia per quanto ha riguardato la fornitura di mascherine e disinfettante sia per la fornitura dei tablet utilizzati per aiutare le famiglie a comunicare con i detenuti. «Si è creato un rapporto importante tra Unindustria e i vari direttori - aggiunge - e nel corso degli anni siamo riusciti a confermare le nostre attività». Risultato?« Abbiamo portato tante aziende all'interno e si è innescato un meccanismo che stiamo cercando trasferire sul livello nazionale - aggiunge ancora -. Stiamo lavorando alla predisposizione di un accordo quadro con il ministero della Giustizia tizia, Confindustria, Assoconsult e Assolavoro che faccia da cornice per creare uno strumento che diventi poi sistema generale». Quella che potrebbe essere definita una sorta di "procedura generale" da utilizzare permettere a sistema. «Attualmente ci sono diverse iniziative che vengono realizzate e portate avarnti in virtù di accordi locali - aggiunge ancora - noi pensiamo invece a una struttura generale che diventi punto di riferimento per tutte le altre». Perché il lavoro non è solo un'occasione per i detenuti ma anche per le aziende. « È bene ricordare che per chi assume ci sono agevolazioni fiscali e misure di supporto - aggiunge - Si tratta di strumenti che però, molto spesso non si conoscono e che si accompagnano a procedure molto spesso lunghe e articolate che scoraggiano chi non è particolarmente strutturato». L'azienda di Santori garantisce occupazione a un detenuto che lavora in modalità offline, all'interno di Rebibbia. «Più che quelli della seconda chance siamo quelli che vogliono dare la prima occasione a chi è cresciuto in un contesto sfavorevole - aggiunge -. Come associazione industriali portiamo avanti questa filosofia che ha un aspetto solidale ma anche uno civico: siamo convinti, infatti che se una persona che ha sbagliato, una volta fuori intraprende un nuovo corso non torna a delinquere». 
 

In allegato l'intervista a cura di Davide Madeddu per Il Sole 24 Ore

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