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Interviste ed Editoriali - 30/07/2023

Imprese, "Qui solo ostacoli e burocrazia": chiude l`azienda e va in Friuli

La testimonianza di Gerardo Iamunno nell'intervista di oggi a Il Messaggero

 

L'accento campano non l'ha perso, la residenza e le amicizie in provincia non le ha lasciate, ma è dovuto "emigrare" al nord per fare impresa. Gerardo lamunno - Presidente del Gruppo Tecnico Export di Unindustria - aveva la Gran Tour, a Paliano, produceva mobili da bagno e dava lavoro a 80 persone della zona (nel frattempo ricollocate in altre realtà, per fortuna), ma ha deciso di chiudere: «Non per mia incapacità - precisa subito - ma perché non sono stato messo in condizione di lavorare».

 

Lo racconta oggi il Messaggero: a Frosinone e la sua vicenda è comune ad altri imprenditori del territorio alle prese con la burocrazia e i ritardi:
 

«Quelli che restano e combattono sono degli eroi - dice lamunno - ma abbiamo una vita sola e non si può combattere sempre, a noi compete farlo per tenere il mercato, è il nostro lavoro, non dovremmo avere altri ostacoli».

 

E invece è stato difficile persino cambiare una caldaia. Un aneddoto che la dice lunga: «La usavamo per bruciare i trucioli della lavorazione, era del 2002, non l'ho cambiata perché temevo che non mi sarebbe mai arrivata l'autorizzazione». Il rapporto con le amministrazioni pubbliche non è stato dei migliori, mentre a Spilimbergo, provincia di Pordenone, quando ha aperto lo stabilimento rilevando il marchio Albatros (vasche e piscine per il cosiddetto private wellness) alla conferenza stampa c'era il presidente della Regione, Massimiliano Fredriga.
 

«Qui la politica è rimasta agli anni '70, mi dispiace ma è così, alla Cassa del mezzogiorno che ha favorito non degli imprenditori ma dei predatori dietro ai quali sono andati anche personaggi politici. Non si comprendono le nostre esigenze, ma si mettono ostacoli. Solo alla mia azienda, per esempio, per un paio di bandi regionali hai quali ho partecipato prima si sono accorti che uno lo avevano sbagliato e quindi gli interessi che dovevano essere abbattuti li ho pagati io, poi mi hanno chiesto per la partecipazione a una fiera sull'internazionalizzazione che nello stand doveva esserci l'amministratore delegato, altrimenti il finanziamento non poteva essere erogato. Sono solo due esempi - e lamunno sorride, anche se è palese che ha il dente avvelenato - ma potrei farne tanti altri».


A Paliano, per esempio, in una zona che doveva essere industriale non c'era la toponomastica e le imprese hanno dovuto fare da sole, si è arrivati persino a fascicoli per inquinamento luminoso perché erano stati messi pali indispensabili, la fibra era un optional e le condutture per l'acqua pure. Si usavano i pozzi. «Vede, io quando ho investito lì l'ho fatto sapendo che andavo in una zona industriale e che i servizi sarebbero arrivati, ho pagato gli oneri della Bucalossi per questo. Così non è stato, c'erano momenti nei quali non riuscivamo a spedire i bonifici perché internet non aveva la velocità necessaria e io mi vergognavo davanti ai miei interlocutori. E meno male che non eravamo in area Sin...».


Alla fine «è stata una lotta impari, di fronte alla globalizzazione non puoi avere a che fare con chi sul territorio ha altre priorità, evidentemente. Il Comune, fra l'altro, non ha mai pensato di entrare nel Consorzio industriale», In Friuli, invece, porte spalancate «e testa in Europa, anche per la vicinanza geografica».

Qui i rimpianti:
 

«Un posto centrale, con gli aeroporti a due passi, l'autostrada, importanti distretti industriali come l'aerospaziale e il farmaceutico, che però non è stato in grado di cambiare paradigma. Anzi, gli imprenditori lo hanno fatto e la politica no».

Però continua a fare 100.000 chilometri l'anno «perché a questo territorio resto legato». 

Intervista a cura di Giovanni Del Glaccio per Il Messaggero.

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