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Articolo - 16/03/2024

Ora palla al Centro

Il Lazio non è ancora tornato al ritmo di crescite pre-Covid, nota Camilli (Unindustria). Per accelerare serve un piano industriale ad hoc in grado di rilanciare la regione e di farla tornare protagonista


L’Italia corre a due velocità e in questa corsa il Lazio «dimostra di avere il fiato corto. È arrivato il momento di decidere se continuare a perdere terreno o riprendere a correre». È perentorio Angelo Camilli, Presidente di Unindustria che, intervistato da Milano Finanza a margine dell’assemblea generale dell’associazione che riunisce le imprese di tutte e cinque le province laziali, lancia una proposta: un piano industriale per la regione, perché possa tornare di nuovo protagonista nel Mediterraneo. Insomma, una vera e propria piattaforma di temi e obiettivi «su cui immaginare le azioni per un salto di qualità decisivo verso la dimensione di Terra d’Impresa che lanciammo due anni fa» ricorda Camilli. Più valore aggiunto, più lavoro qualificato, più crescita.
 

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Ma prima c’è da superare una questione, una vera e propria «questione Italia centrale», afferma il numero uno degli industriali laziali. «I dati confermano che le uniche regioni a non aver recuperato i livelli di Pil pre-covid sono quelle centrali, incluso il Lazio». La chiave del rilancio, però, ci può essere e potrebbe passare attraverso il contributo decisivo che il centro Italia può dare all’Europa, grazie alla sua fortunata posizione geografica, «sia nei rapporti con il Mediterraneo, ma anche con quanto di positivo avviene ad Est, dall’Albania al Montenegro», sottolinea Camilli. Negli ultimi venti anni «il nostro capitale industriale si è ampiamente ridotto: il valore aggiunto dell’industria - specifica è diminuito di un terzo. Da soli i servizi non bastano per accelerare la crescita».

 

E la fame di crescita delle imprese c’è. Lo dimostra la partecipazione per le misure sul rafforzamento patrimoniale delle pmi presentate lo scorso dicembre dalla regione Lazio, «dopo 6 anni dalla nostra richiesta - sottolinea Camilli - lo stanziamento di 15 milioni di euro poteva garantire fino a 60 milioni di emissioni, ma a oggi, in soli tre mesi, le manifestazioni d’interesse hanno superato abbondantemente quota 100 milioni».

 

Ma prima le regioni centrali hanno bisogno di importanti investimenti sugli scali portuali, sui retroporti, sulla logistica e sulle connessioni verso le direttrici che collegano Nord e Sud. Dal Pnrr e dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione «ci aspettiamo un contributo decisivo sulle infrastrutture», osserva Camilli.

«Chiediamo un calendario credibile per la Roma-Latina e garanzie sulla realizzazione della nuova Latina-Frosinone». E poi c’è la sempre spinosa questione burocrazia. «Per essere più competitivi e attrattivi non servono solo le opere fisiche», dice l’imprenditore. «Il Lazio non deve essere più il luogo in cui un’impresa aspetta in media 300 giorni per un’autorizzazione ambientale. Ridurre a 90 giorni queste performance sarebbe già il segno del salto in avanti che vogliamo fare».

 

Non va inoltre trascurata la questione Roma, che nella visione degli industriali deve diventare attrice protagonista del Piano Industriale del Lazio, vero e proprio acceleratore per le economie degli altri territori della regione. D’altronde il momento è propizio. Nei prossimi anni sono previsti investimenti tra pubblico e privato per 13 miliardi. Già per il Giubileo sono programmati interventi per 2,6 miliardi di euro fino al 2026. «La buona notizia è che le risorse economiche ci sono», assicura Camilli. «La sensazione meno positiva ce la dà il dubbio persistente sulla capacità di realizzare opere e progetti per intero e nei tempi previsti. Roma deve ribaltare la sua narrazione di Capitale dei ‘no’ e dare prova che qui le cose si possano fare».

 

Difficile, infine, non tirare in ballo il governo. «Abbiamo apprezzato la revisione dell’esecutivo, che ha rinunciato ad alcune spese incerte e ha puntato sulla spinta innovativa delle imprese. Noi faremo la nostra parte come in tutte le occasioni in cui si scommette sulla crescita. Nei prossimi due anni, però, è necessaria un’accelerazione decisiva per dare prova che i fondi concessi e quelli che pesano sul nostro debito non siano stati l’ennesima distribuzione effimera di risorse».

Per questo serve una svolta nelle riforme, perché solo così alla fine del 2026 avremo reso davvero il Paese più moderno». In particolare gli industriali si attendono una vera riforma della pubblica amministrazione e della giustizia «ancora troppo indifferenti al destino delle imprese. Non chiediamo trattamenti di favore, ma semplicemente più competenze, regole chiare e tempi certi».

 

Di Giusy Iorlano per Milano Finanza

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