Lo scorso 1° luglio, la Commissione Europea ha lanciato una consultazione pubblica finalizzata a valutare una possibile estensione dell’ambito di applicazione del (CBAM (meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere). In particolare, l’ipotesi oggetto della consultazione riguarda l’inclusione delle cosiddette “merci a valle”, ossia quei prodotti finiti o semilavorati che derivano dalla trasformazione di materie prime già soggette a CBAM (es. acciaio, alluminio, cemento, fertilizzanti, ecc.), ampliando potenzialmente le disposizioni antielusione.
Questa estensione potrebbe avere conseguenze potenzialmente molto rilevanti per le imprese, poiché porterebbe all’assoggettamento al meccanismo CBAM di nuove categorie di beni, attualmente escluse, ma contenenti o derivanti da materiali carbon-intensive importati da Paesi extra-UE. Tra i beni a rischio figurano, ad esempio, diversi prodotti del Capitolo 84 della nomenclatura combinata, tra cui macchinari, apparecchiature meccaniche e relative parti, che spesso incorporano acciaio o alluminio.
L’inclusione di tali merci implicherebbe anche un rafforzamento delle disposizioni antielusione, per evitare che i materiali soggetti a CBAM vengano semplicemente trasformati all’estero in prodotti finiti per eludere l’obbligo di acquisto di certificati CBAM. In pratica, l’obiettivo della Commissione è impedire un’“esternalizzazione” delle emissioni attraverso la delocalizzazione produttiva o l’importazione di prodotti trasformati. Le strategie elusive potrebbero cercare di aggirare l’obbligo di acquisto dei certificati CBAM adottando soluzioni apparentemente legittime, ma in realtà volte a evitare i costi legati al carbonio incorporato, come ad esempio:
• operatore europeo che delocalizza la produzione all’estero, facendo realizzare non più solo materie prime (come acciaio grezzo), ma direttamente prodotti semilavorati o finiti (come tubi, strutture metalliche o componenti meccanici) in Paesi terzi con normative ambientali meno stringenti e senza vincoli CBAM.
• operatore europeo che importa direttamente da fornitori esteri questi prodotti trasformati, che attualmente non sono soggetti al CBAM, anche se contengono quantità significative di materiali ad alta intensità di carbonio.
Questo tipo di comportamento, noto come “carbon leakage” o delocalizzazione delle emissioni, comporta che le emissioni di CO₂ non scompaiono, ma semplicemente vengono spostate fuori dai confini dell’UE. Il prodotto finito continua a essere consumato nel mercato europeo, ma senza essere gravato dai costi ambientali previsti dal CBAM, con un vantaggio competitivo sleale rispetto a chi produce internamente rispettando le regole ambientali europee.
La Commissione Europea, per evitare questo rischio, intende rafforzare le disposizioni antielusione, estendendo l’obbligo CBAM anche ai prodotti derivati o trasformati, ossia alle merci a valle, per ottenere, In questo modo:
• si mantiene l’efficacia ambientale del meccanismo, scoraggiando la delocalizzazione produttiva in Paesi meno regolati;
• si garantisce una concorrenza equa tra produttori europei e importatori;
• si promuove la decarbonizzazione anche lungo le filiere internazionali.
Alla luce di questa possibile estensione, si possono individuare le seguenti conseguenza per le imprese:
• La soglia di esenzione per le microimportazioni (attualmente fissata a 50 tonnellate all’anno per tipo di materiale) rischia di essere facilmente superata qualora venissero inclusi anche i beni trasformati;
• Le semplificazioni introdotte dalla proposta Omnibus (che attualmente rendono meno gravoso l’obbligo CBAM per piccoli importatori) risulterebbero di fatto inefficaci, poiché un maggior numero di imprese supererebbe la soglia;
• Le imprese che oggi si ritengono escluse dagli obblighi CBAM (perché non importano direttamente materie prime coperte dal meccanismo) potrebbero trovarsi in breve tempo soggette a nuovi adempimenti, anche senza cambiamenti nella propria supply chain.
Alla luce delle evoluzioni regolamentari in corso, è consigliabile alle imprese importatrici di:
- Valutare l’impatto potenziale dell’estensione del CBAM anche su prodotti non attualmente coperti;
- Monitorare la consultazione pubblica e partecipare anche tramite le associazioni industriali di appartenenza per rappresentare le proprie esigenze e valutazioni tecniche.
- attivarsi per ottenere lo status di dichiarante autorizzato CBAM, anche in presenza di volumi oggi inferiori alla soglia di 50 tonnellate, in quanto tale abilitazione potrà:
• velocizzare le procedure una volta che le nuove norme entreranno in vigore,
• evitare interruzioni nelle importazioni o blocchi doganali,
• anticipare le criticità legate alla rendicontazione e alla gestione dei certificati CBAM.
Riferimenti normativi e amministrativi