Il recente DPCM del 7 settembre 2020 ha prorogato il precedente documento analogo del 7 agosto, nel quale si confermava la validità del Protocollo condiviso, siglato il 14 marzo e aggiornato il 24 aprile 2020.
Ad oggi, quindi, le finalità ed i contenuti di quel Protocollo sono del tutto vigenti.
È evidente che, rispetto alle considerazioni che hanno portato all’aggiornamento del 24 aprile, i contenuti del Protocollo presentano esigenze di ulteriore evoluzione in coerenza con la nuova situazione oggi in essere, legislativa, epidemiologica e organizzativa.
Basti pensare a fattori come la completa riapertura delle aziende e degli spostamenti connessi con la ripresa economica, la parziale liberalizzazione degli spostamenti, la riattivazione della formazione e delle riunioni (legittimate da provvedimenti normativi ed amministrativi), la riapertura delle scuole e, per altro verso, le evidenti conseguenze dei comportamenti individuali (evidenziati dalla fase estiva), il perdurare della circolazione del virus, la rilevanza problematica dei soggetti asintomatici, l’avvicinarsi della stagione autunnale (con la potenziale sovrapposizione tra le normali influenze o alle semplici sintomatologie da raffreddamento), l’esigenza di tutela delle persone fragili (lavoratori e non).
Alle nuove esigenze e criticità, considerate anche nell’evoluzione normativa, sarebbe opportuno rispondesse l’aggiornamento del Protocollo che, recependo il nuovo quadro, contestualizzerebbe meglio le regole previste e di fatto applicate dalle imprese.
Confindustria, fin dal mese di giugno scorso, ha chiesto a Governo e sindacati l’incontro per aggiornare alcuni aspetti del Protocollo; nella riunione iniziale di luglio alcuni aspetti erano stati trattati e sostanzialmente condivisi (tra questi, il riavvio della formazione e la ripresa delle trasferte), poi il sovrapporsi di altre esigenze non ha, per ora consentito di portare a conclusione il percorso.
Confindustria ritornerà con forza a chiedere l’aggiornamento del Protocollo, anche in occasione dell’incontro con il Ministro del lavoro del prossimo 24 settembre 2020 sul lavoro agile, anch’esso strumento di reazione ed organizzazione nella lotta alla diffusione del virus.
Nell’attesa di auspicabile aggiornamento, il Protocollo vigente contiene tutte le regole fondamentali che vengono concretamente seguite dalle imprese, restano sempre valide e acquistano un valore sempre maggiore, proprio se riferite alle nuove fasi dell’emergenza post lockdown.
L’evoluzione delle conoscenze scientifiche e la quotidiana osservazione quotidiana consentono di evidenziare alcuni fattori che inducono a mantenere alta l’attenzione:
E si potrebbe continuare.
È fondamentale che i Protocolli che le singole imprese hanno definito e implementato per le proprie sedi vengano rispettati, soprattutto in quel nucleo di comportamenti che, a prescindere da ogni aggiornamento, sono e saranno sempre essenziali e, anzi, ancor più fondamentali e significativi per contrastare proprio quelle situazioni negative sopra indicate.
Si tratta di regole, ripetute da tutti gli organi scientifici e dalle autorità, che prescindono evidentemente dall’aggiornamento del Protocollo e che, con le variabili sopra richiamate (stagione invernale, riapertura delle scuole, frequentazione di locali chiusi), assumono una efficacia ancora più decisiva nella lotta alla diffusione del virus, in assenza del vaccino.
Si tratta di indicazioni di buon senso che mantengono una propria efficacia se sono continuamente osservate. Per questo la distinzione tra tempo di lavoro e tempo di vita perde inevitabilmente senso: le regole vanno rispettate a prescindere dal fatto che siano prescritte dai Protocolli.
Per questo motivo appare opportuno che associazioni ed imprese, oltre a rispettare rigorosamente i Protocolli nei luoghi di lavoro, si facciano portatrici di messaggi diretti a sollecitare l’attenzione dei lavoratori anche nella vita privata, così assolvendo ad una funzione sociale nel farsi portatori della cultura della sicurezza e favorire l’estensione dei comportamenti sicuri e responsabili dal mondo del lavoro alla vita privata e sociale.
Questo anche nella considerazione che la mancata osservanza di quei comportamenti responsabili nella vita sociale rende totalmente inutili quelli virtuosi eventualmente tenuti all’interno dell’azienda.
Con riserva di ulteriori comunicazioni.