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Interviste ed Editoriali - 20/11/2024

Lazio, la rivoluzione sostenibile delle imprese. Turriziani: “La chiave è il riciclo”

Speciale di Repubblica con l'intervista al nostro vicepresidente per la Green Economy

 

La Repubblica dedica oggi uno speciale al Lazio, in rampa di lancio sulla pista dell’economia green che prevede il riciclo e il riuso delle materie prime anche dopo la fine del loro ciclo produttivo: una transizione ecologica avviata da tempo da gran parte delle aziende laziali che negli ultimi anni hanno investito e adattato i propri modelli di produzione al riuso delle materie prime nelle filiere della carta, chimica, farmaceutica e altri settori della manifattura, come illustra nell'intervista Giovanni Turriziani, vicepresidente di Unindustria per la Green Economy.

 

Indietro non si torna. La prossima sfida per le imprese si chiama sostenibilità tecnologica dei modelli di governance aziendali sulla base del programma Industria 4.0, sia nelle fasi di produzione che di organizzazione del lavoro. Per Comune e Regione la sfida è di aiutare la capitale a diventare sempre di più un player internazionale per l’innovazione digitale, puntando su distretti tecnologici come il Rome Technopole, infrastrutture digitali e servizi, soprattutto sulla mobilità.

 

Del resto le imprese stanno facendo la loro parte sulla transizione ecologica: a dirlo sono i dati della Sfida Green 2023”, il dossier sull’economia del riuso realizzato da Unindustria, associazione di Confindustria che raccoglie le principali imprese della regione. Il 78% delle aziende ha programmato investimenti in chiave green come nuovi impianti per ridurre gli sprechi e riusare i prodotti arrivati a fine vita. Infine l’80% delle aziende possiede un sistema di gestione ambientale e il 61% ha adottato strumenti per la rendicontazione ambientale, mentre sono già diffuse le certificazioni sull’impatto ambientale: in base al dossier il 33% delle imprese laziali ha realizzato analisi in carboon footprint, un sistema all’avanguardia che serve a misurare le emissioni di gas rilasciate in fase di produzione e a ridurne l’inquinamento. Infine il 35% svolge studi Lca (life cycle assessment), ovvero analisi per misurare l’impatto ambientale di un prodotto lungo tutto il suo ciclo di vita, mentre il 13% possiede una procedura scritta di ecodesign, che introduce requisiti minimi in materia di durabilità, efficienza energetica e riciclo.

 

La transizione ecologica si misura anche con i dati sulla riduzione degli sprechi e la gestione interna del rifiuti. In base al dossier di Unindustria, il 72% delle imprese ha avviato iniziative per il risparmio nel proprio sistema idrico, il 93% ha almeno un’iniziativa di gestione virtuosa dei rifiuti e il 77% possiede un sistema di raccolta differenziata. Anche dagli enti locali qualcosa si muove. A giugno la Regione Lazio ha lanciato il bando Energia di 40 milioni di euro provenienti da fondi Ue per consentire alle imprese di investire nella produzione di energia da fonti rinnovabili: è un contributo a fondo perduto, con un importo minimo di 150 mila euro e un massimo di 2 milioni per progetto. Infine a settembre la Regione ha lanciato il bando da 30 milioni per la circular economy: l’obiettivo è ridurre scarti e rifiuti industriali.

 

L'intervista a Giovanni Turriziani, vicepresidente di Unindustria per la Green Economy, imprenditore nel settore dei trasporti in prima linea nella battaglia verde.

 

Vicepresidente, cosa state facendo concretamente per raggiungere la svolta green?

«Con il gruppo tecnico creato in Unindustria, che proseguirà anche con la nuova presidenza di Giuseppe Biazzo, abbiamo preso come punto di riferimento l’agenda 2030 sulla produzione sostenibile delle aziende. Stiamo cercando di promuovere le buone prassi e la rimozione di ogni tipo di ostacoli all’economia green. Abbiamo lanciato da tre anni una indagine sulla sostenibilità dei cicli produttivi delle imprese nel Lazio, dedicando ampio spazio alle modalità per evitare ogni forma di spreco dell’acqua. Infine abbiamo ideato un indice in termini percentuali che misura la possibilità di riuso delle materie prime di ogni azienda legata a Unindustria».

 

In che stato di salute si trova l’economia green di Roma e del Lazio?

«Ci sono già tante filiere virtuose nel Lazio. Quella della carta ad esempio può arrivare a riusare il 95% delle materia prima immessa nelle fasi del ciclo produttivo: il livello è così alto anche grazie ai consorzi di recupero di carta e cartone. Con loro è più facile che il materiale usato sfugga alla discarica e torni a essere materia prima. Con la Regione stiamo creando percorsi comuni per catalogare un numero sempre maggiore di materiali da poter riusare ed evitare che al termine del loro ciclo produttivo siano considerati rifiuti. Potrebbero essere riusati anche da altre aziende. Ma ci sono altre filiere in espansione».

 

Quali?

«Quella della chimica ha fatto grandi passi in avanti. Di recente abbiamo realizzato un dossier in cui abbiamo presentato almeno dieci casi di chimica green come nel caso della plastica, che se viene trattata nel modo corretto e non viene dispersa nell’ambiente può avere vari cicli produttivi. Anche il farmaceutico è un settore molto importante ma al momento è un po’ bloccato perché gli impianti di produzione sono in genere ancora lontani dagli stabilimenti per il riuso e il trasporto dei materiali può essere oneroso».

 

Ci sono già casi positivi nel Lazio?

«Oltre alla carta ci sono eccellenze anche nella filiera del vetro come nel caso di un’azienda di Pomezia che grazie al riuso realizza le bottiglie della Coca Cola. Oppure c’è un’azienda di Frosinone che ha scommesso sul riciclo degli oli esausti per ricavare nuovi oli lubrificanti o carburanti green. E non dimentichiamo che nel Lazio le bottiglie di pet sono fatte con plastica riciclata».

 

La transizione verso l’economia green è ormai irreversibile. Ma ci sono ancora ostacoli? Come si possono scavalcare?

«Le aziende stanno creando un sistema al proprio interno per il riuso delle materie prime, ma ci sono ancora alcune questioni aperte: bisogna arrivare a regolamentare l’utilizzo dei materiali da riusare, e soprattutto snellire e uniformare la burocrazia. Bisogna standardizzare tutte le pratiche che riguardano il riuso di una materia prima, perché adesso bisogna ottenere certificazioni e autorizzazioni come se fossero rifiuti, ma non dovrebbe essere così: la materia prima non è rifiuto e non è pericolosa».
 



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